Vuole scippare il ministero a Di Maio

Vuole scippare il ministero a Di Maio

La smania di Matteo Renzi arriva fino al ministero degli Esteri. Cosa accade quando pensi di essere un fuoriclasse e non te ne va più bene una? Ti sbatti, ti arrovelli, maledici, ti ingrugnisci, le provi tutte, convinto che prima o poi la ruota della fortuna girerà, basta che una delle tante mosse messe sulla scacchiera ti porti a dama. Se poi il carattere è di uno che non si arrende allora rilanci ad oltranza, alzando la posta sempre più su.

Renzi si sente prigioniero di un inspiegabile insuccesso. La scommessa di lasciare il Pd si sta rivelando un azzardo che non paga. Stare in una maggioranza di governo senza lasciare un segno lo snerva. L'immobilismo per lui puzza di morte. Non si accontenta di vivacchiare in attesa di tempi migliori. Non è da lui. Deve fare qualcosa. Cosa? Quello che tutti i giorni ripete a chi gli sta vicino è un aut aut. È un bivio. È bianco o nero. O fa cadere il governo o si prende in qualche modo il governo.

Tutti e due gli scenari sono un salto nel vuoto. Far saltare il banco significa affrontare il mare aperto, gettarsi in una prospettiva elettorale, con la speranza di acquartierarsi al «centro» e cercare poi sponde finora considerate contronatura, con un'inversione verso destra.

L'altra è ancora più spericolata. È dare scacco matto a tutti con un pedone. La suggestione è questa: regalare un volto renziano al Conte bis. Non può chiaramente prendere il posto del premier. Quello di cui ha bisogno è un rimpasto. In questi giorni se ne sta parlando. Conte conosce la partita. Il Pd sghignazza sulle ambizioni di Italia viva. Gli uomini intorno a Zingaretti fanno sapere con sarcasmo che il rimpasto si può pure fare, ma a un partitino che risica un due per cento di consensi gli lasciano un ministero, meno di quelli che ha ora.

È questo il punto. Quello che interessa a Renzi è appunto un ministero. L'importante è che sia quello giusto, uno che pesa, uno che conta. Un ministero in grado di accogliere un peso massimo come lui. La smania di Renzi allora ha un indirizzo preciso: ministero degli Esteri.

Renzi alla Farnesina darebbe un senso a questo governo del tira a campare. Immaginatelo. Nel bene o nel male avrebbe tutto un altro spessore. Renzi che disegna la politica estera, che siede con i potenti del mondo, che ritrova un ruolo, una missione, una centralità, un carattere. Renzi che tornerebbe finalmente protagonista. Questa idea da un po' di tempo stuzzica Matteo. Il problema è riuscire nell'impresa. Che fare per esempio di Giggino Di Maio? Lo mandi a casa? Lo cacci via dopo che ha già perso la leadership dei Cinque Stelle? Perché no. Di Maio ormai è un fantasma grillino. È uno sconfitto. Grillo lo ha delegittimato in pubblico, Casaleggio in privato dice che ormai è perso. Non è più una figura spendibile. La politica è cinica e quando ti vede in ginocchio fa in fretta a darti l'ultimo calcio. I renziani sono insomma convinti che la sorte di Di Maio non sia un problema.

La vera partita è con il Pd. È a loro che bisogna mettere paura. Zingaretti per disinnescare i ricatti di Matteo punta sulla pattuglia dormiente di «responsabili» al Senato. Un gruppo centrista pronto a soccorrere il governo in caso di bizze renziane. Ma queste truppe ci sono? Sono pronte? Si sveglieranno in tempo? È qui che Renzi vede uno spazio d'azione.

Il suo magari è un bluff, ma qualcuno deve andare a vederlo. Quello che è certo è che Matteo ogni giorno sta giocando con il fuoco. Il piromane ora vuole renzizzare il governo. O gli tolgono il cerino di mano, o lo assecondano o prima o poi brucerà tutto.

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