Cultura e Spettacoli

Crowe: così si rinasce dopo un fiasco

L’atteso «Elizabethtown» è una commedia musicale con Orlando Bloom e Susan Sarandon

da Venezia

«Il film perfetto», per il direttore Marco Müller. Non così per la critica, piuttosto freddina, almeno a parole. In ogni caso, un caldo e prolungato applauso ha accolto ieri mattina alla conferenza stampa la delegazione di Elizabethtown. C'erano tutti: il regista Cameron Crowe, che viene dalla bibbia del rock Rolling Stone e con sei film, incluso il disastroso Vanilla Sky, è diventato cineasta di culto; gli interpreti Orlando Bloom (Le Crociate), Kirsten Dust (i due Spider Man) e Susan Sarandon (Thelma & Louise). Belli, simpatici e comunicativi, un po’ come il film, prodotto da Tom Cruise, che sono venuti a promuovere qui al Lido.
Partendo dalla domanda «come si fa a dire addio a qualcuno che a malapena salutavi?», Crowe imbastisce una commedia funeraria che comincia con un lutto e si chiude con un messaggio di vita. A morire d’infarto è il padre del giovane inventore di scarpe Drew Baylor, sull’orlo del suicidio per aver sbagliato un nuovo cruciale modello. Difficile uccidersi in quella situazione. Così il giovanotto, per conto di mamma e sorella, vola in Kentucky per rendere l’estremo saluto al genitore che mai sentiva. Lì Drew riconsidera valori e sentimenti familiari, oltre a trovare l’amore nella figura di un’hostess-fatina.
Tema in buona misura autobiografico e infatti Crowe ricorda: «Sono nato in California, ma la famiglia di mio padre veniva dal Kentucky, dove lui morì per un attacco di cuore nel 1989». Da quel giorno il regista non era più tornato nel «bluegrass State», lo stesso di George Clooney, che meglio di altri incarna una certa America profonda: gentile, solidale, familista e religiosa. «Allora rimasi sbalordito nel vedere come la scomparsa di papà fosse riuscita a tirar fuori il meglio dalle persone che lo conoscevano. Tutti i ricordi, la gioia, la tristezza, le risate, i personaggi della nostra ricca storia familiare si riconciliarono in un sol giorno».
È lo spirito che aleggia in questa commedia lieve, a tratti buffa e un po’ sentimentalistica, trapunta di canzoni, da Bill Monroe a Tom Petty, dentro una sorta di pellegrinaggio geografico-musicale che farà presa sul pubblico trenta-quarantenne. Teorizza Crowe, grande estimatore del Brusati di Pane e cioccolata: «Le vite delle persone sono definite da successi e fiaschi (dice proprio “fiasco”, in italiano, ndr). Ma guai a farsi abbattere. La storia di Drew in fondo è la storia di tutti noi. Dobbiamo apprezzare le opportunità che la vita ci offre anche nei momenti più duri, da lì si può sempre ripartire».
Gli interpreti concordano. Il mingherlino Orlando Bloom, che il gossip vuole affettuosamente legato a Sienna Miller, l’ex fidanzata di Jude Law, spiega di avere lavorato, lui inglese, non solo sull’accento: «Cameron ha una visione unica dell'America e lo ringrazio per avermi fatto capire le radici culturali di questo Paese». La bionda Kirsten Dunst, più carina da vicino che sullo schermo, spiega che questo film le ha insegnato «a vivere più serenamente, con meno paura, il presente».
Mentre Susan Sarandon, moglie di Tim Robbins come pure tra le attrici più impegnate sul fronte anti Bush, strappa la risata della platea quando, nel rispondere alla lunga e un po’ contorta domanda di una cronista, esordisce: «Wow! Ci provo. Non sono abituata. Al massimo i vostri colleghi americani chiedono: “Con chi vai a letto?”». Poi, facendosi seria, dice: «Le sventure sono momenti cruciali nella vita di ciascuno di noi. Di solito se ne esce migliori.

Quanto alla morte, be’ di sicuro non vivo distesa dentro una bara, ma cerco di vivere senza rimuoverne il pensiero».

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