Dal cous cous di Rajab El Fitouri alla Pitta della mamma di Nino, ai polli alla moda di Alfonso, ai piatti del Ramadan di Rajab Mourad. Più che un ricettario, quello presentato ieri mattina dal direttore di Marassi Salvatore Mazzeo e dai volontari che seguono i detenuti della sezione custodia attenuata, sono dei veri racconti dietro le sbarre e intorno ai fuochi di una cucina.
Il booklet «Sapore di libertà», in formato lucido, è stato stampato dai fratelli Frilli editori in duemila copie. Mille saranno distribuiti nel carcere agli altri detenuti, agli agenti di polizia penitenziaria e ai famigliari per Natale, mille saranno venduti nelle edicole genovesi a 5 euro ciascuno.
Con una popolazione che si è dimezzata per effetto del recente indulto da oltre 700 persone a 380, nel carcere genovese sono rinchiusi poco meno di duecento extracomunitari, l'età media è tra i 25 e i 35 anni, un terzo sono tossicodipendenti, 90 i detenuti definitivi, le pene comuni sono legate allo spaccio di droga e reati contro il patrimonio per i maghrebini e allo sfruttamento della prostituzione per albanesi e rumeni.
«Rispetto ad altre case circondariali - spiega Mazzeo - Marassi è in controtendenza per quanto riguarda gli effetti boomerang dell'indulto. Infatti in tre mesi sono rientrati in carcere soltanto una decina di detenuti che hanno beneficiato del provvedimento di clemenza del governo. Il mio collega di Rebibbia l'altro giorno, invece, mi ha raccontato che nella struttura romana sono rientrati quasi tutti. Certo, occorre aspettare almeno altri sei mesi per conoscere l'effettivo risultato, ma si può affermare che tutto il progetto di accompagnamento e di reinserimento nella società a Genova ha funzionato. E questo grazie agli sforzi dell'amministrazione penitenziaria, della prefettura, della Provincia e del Comune, delle associazioni di volontariato che assistono gli ex detenuti. Un programma che comunque comincia anche dentro le mura di Marassi. È dal 1998 che abbiamo realizzato la sezione a custodia attenuata, la protagonista del ricettario e del calendario 2007, dove i detenuti abitano in una comunità e con le celle aperte. Studiano e cucinano insieme agli operatori sociali. Un ottimo risultato ottenuto grazie ai volontari e agli agenti».
A insegnare a cucinare ai 29 detenuti, che oggi sono quasi tutti fuori, è stata Nadia Gherardi che da 22 anni è docente nelle scuole alberghiere non soltanto in Liguria, ma anche in Spagna, Francia e Brasile dove è stata impegnata in numerosi progetti a sfondo sociale.
«Arrivavo da esperienze forti - dice Gherardi - quindi non avevo paure e timori legati al fatto di avere a che fare con detenuti. Sono comunque riuscita a insegnare che una lezione di cucina è fatta di attese, azioni da compiere, tempi giusti, cose da apprendere e che i modi erano quelli della collaborazione di tutti. Le lezioni sono poi diventate un gioco che abbiamo giocato insieme ottenendo ottimi risultati».
E così si comincia coi polli di Alfonso che toglie la sera prima dal congelatore perchè impiegano una nottata a liberarsi dal ghiaccio. In una grossa teglia da forno precedentemente oliata ci mette i polli riempiti con cipolla a pezzi, mezzo limone con la buccia, qualche pomodorino a ciliegia tagliato a metà e alcune foglie di basilico. La casanza del carcere non passa alloro e rosmarino, quindi, ci si mette un pochino di origano. Si aggiunge quindi il sale e si mettono altri pomodorini sopra i polli, si spennella con olio di oliva e si sbatte in forno a 220 gradi per mezz'ora.
C'è poi il cous cous che a Rajab ricorda tanto la mamma. Ha come base granellini di semola conditi con brodo e e con verdure, pesce, carne, a piacimento. Il cous cous va lavorato a lungo in larghi piatti di terracotta e il grano poi viene messo in un recipiente forato che sta sopra l'apposita pentola dove cuoce al vapore dopra un brodo di verdure essiccate o fresche, con le spezie e le carni. Un altro semplice piatto è le lasagne al ragù preparato da tutti. Si fa rosolare un battuto di cipolla, carote e prezzemolo con olio di oliva per alcuni minuti, con l'aggiunta di acqua se il soffritto è troppo pesante. Si aggiunge la carne tritata e si fa rosolare bene, poi si si butta i pelati e si fa cuocere per tre ore a fuoco lento.
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