Cultura e Spettacoli

Pastore e politico (di Dio) Così Wojtyla fece la storia

Fu un Papa conservatore ma capace di aperture dimprevedibili. La sua azione fu anche decisiva per sconfiggere il comunismo

Papa Giovanni Paolo II
Papa Giovanni Paolo II

È un africano? Era la domanda fra la gente in piazza San Pietro, quel 16 ottobre 1978, quando Karol Wojtyla fu eletto Papa. Inizia così la biografia Giovanni Paolo II santo dello storico Andrea Riccardi, ora pubblicata in allegato col Giornale nel decimo anniversario della morte. Un libro che ripercorre non solo i 27 anni di Pontificato di Giovanni Paolo II, ma tutta la vita di Karol Wojtyla, da quando fu prete e poi arcivescovo a Cracovia, fino alla sua elezione al Soglio di Pietro, alla sua morte e alla sua canonizzazione in tempi record.

Primo Papa non italiano dal 1523. Papa slavo eletto in quel 1978 in cui l'Europa occidentale sembra lontana dal mondo dell'Est. Papa che riuscì ad abbattere il comunismo e il Muro di Berlino. Wojtyla si è misurato con la crisi del cattolicesimo, con un Occidente secolarizzato e con un marxismo dai tanti volti. «Vincitore» nel confronto con l'impero sovietico, capace di riavvicinare la gente a una Chiesa in declino, globetrotter (104 viaggi), vicino ai giovani, in favore del dialogo interreligioso. Insomma: una grande icona del Novecento, «testimone - scrive l'autore, che ben conosceva Wojtyla - del complesso crocevia polacco e protagonista della scena mondiale per ventisette anni».

L'opera di Riccardi comincia dall'elezione dell'arcivescovo polacco nel Conclave del 1978: «Bisognava trovare un successore capace di prendere in mano una Chiesa piuttosto spaesata». L'outsider Wojtyla ebbe la meglio tra il genovese Siri, delfino di Pio XII, e il cardinale Benelli, candidato dei progressisti. Il contesto storico, politico e religioso in cui fu eletto Giovanni Paolo II era quello di una crisi profonda e inedita: le vocazioni al sacerdozio calavano, si discuteva del celibato ecclesiastico con un'intensità ignota fino ad allora, si viveva il tempo della rivoluzione sessuale, del comunismo e della repressione sovietica. Fu il cardinale Konig, arcivescovo di Vienna, ad avanzare la candidatura di Wojtyla. Si escludeva un Papa di transizione. Occorreva un uomo energico e dal fisico forte, dopo la morte improvvisa di Luciani. Emerse così il 58enne Wojtyla, eletto con 99 voti su 111 alla seconda votazione.

«Comincia l'avventura di un Papa sconosciuto al grande pubblico», scrive Riccardi. E anche un Papa impossibile da etichettare: «Conservatore sulla morale sessuale o per alcune nomine in Curia, progressista nel dialogo interreligioso o per imprevedibili aperture, uomo del Concilio e Papa della tradizione, amico dei poveri e combattente anti-marxista, sportivo, anticonformista, vescovo classico in tonaca, raffinato intellettuale e Papa della pietà popolare, pastore e non politico, ma forse anche più che un politico, anzi politico di Dio».

Wojtyla nasce nel 1920, nella Polonia appena tornata indipendente, in un anno in cui i polacchi temono di perdere la libertà da poco ritrovata. La vocazione di Karol nasce nel «grande male» dell'occupazione nazista e si misura anche con il comunismo sovietico. Governa la diocesi di Cracovia dal 1962 al 1978 e inizia il suo dialogo con il partito comunista. Viene seguito dalla polizia, è spesso perquisito, è sotto controllo costante. Il partito comunista lo considera «un avversario ideologico molto pericoloso». Poi l'elezione al Soglio di Pietro. Il suo lungo pontificato attraversa diversi scenari storici: la guerra fredda, la globalizzazione, la dissoluzione dell'Urss. Fino agli eventi del 1989. «Il Papa è stato un elemento determinante per la caduta del regime comunista in Polonia», scrive l'autore.

Il libro ripercorre poi l'evento drammatico dell'attentato, il 13 maggio 1981. «Il Kgb vedrebbe di buon occhio un attentato contro Giovanni Paolo II», scrive Riccardi, che ricorda anche la pista bulgara nei legami tra il turco Ali Agca e Mosca. Il segretario personale di Wojtyla, don Stanislaw Dziwisz, ricorda quegli attimi terribili: «Sentii il primo sparo e, nello stesso istante, vidi centinaia di colombi levarsi improvvisamente e volare via. Poi, subito dopo, il secondo colpo. Il Santo Padre prese ad afflosciarsi su un fianco, addosso a me».

Nel libro c'è spazio anche per il ruolo diplomatico svolto da Wojtyla con gli Usa di Reagan e con l'Urss di Gorbaciov, la sua azione determinante nel convincere Pinochet a rispettare le regole e a traghettare il Cile verso una transizione democratica. Ma anche l'attenzione di Giovanni Paolo II a tematiche come la pace (significativi gli incontri interreligiosi ad Assisi), il ruolo delle donne (Wojtyla è il primo Papa a dedicare una lettera apostolica alla dignità della donna), la mano tesa verso l'Islam, la sua battaglia contro quella che definisce «la cultura della morte» (aborto, manipolazione della vita). Infine, la malattia e l'ipotesi di dimissioni. «Gesù non è sceso dalla croce», confida il Papa a uno dei suoi collaboratori. Giovanni Paolo II non si vergogna di presentarsi in pubblico invalido e sofferente: «È la sua lotta personale per la vita».

Scrive Riccardi: «Certamente, Papa Wojtyla “il vittorioso” conosce anche sconfitte: la guerra e la violenza (dalla vicenda dell'Iraq al Ruanda), il rifiuto del suo messaggio sulla vita, la resistenza ad accogliere la sua predicazione fin nella Polonia post-comunista».

E lascia due sogni irrealizzati: un viaggio in Russia e uno in Cina.

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