Antonio Moresco Caccia al capolavoro

Antonio Moresco, le cui opere degli esordi sono ristampate con un inedito, si è sempre sfilato dalla caccia al bestseller

Antonio Moresco Caccia al capolavoro

Qualche giorno fa, su Twitter, ho cinguettato questo pensiero: «Gli aspiranti scrittori si dividono in due categorie, quelli che non hanno mai pubblicato e quelli che hanno già pubblicato». Perché non basta pubblicare un libro per essere scrittori, mentre uno scrittore lo si riconosce fin dal suo esordio: nel Jean Santeuil, pubblicato postumo, c’era già l’annuncio della Recherche, nel Dedalus c’era già l’X-Factor del futuro Ulisse. Idem per Kafka, come avranno fatto i contemporanei a non accorgersi di quel genio, quando nel 1915 uscì un libro che si intitolava La metamorfosi? Perfino nel racconto Il primo amore di Samuel Beckett si nasconde il Beckett più estremo de L’innominabile.
A proposito del Primo amore, è anche la più antica poesia dei Canti di Leopardi, oppure è www.ilprimoamore.com, un portale noioso come un’acquasantiera con la singolarità che l’animatore principale è un grande scrittore italiano, Antonio Moresco, di cui proprio oggi Mondadori manda in libreria Il combattimento (pagg. 294, euro 9,50). Non si tratta di un libro nuovo, raccoglie i primi due libri di Moresco con l’aggiunta di un racconto inedito, ma per molti lettori saranno inediti tutti in quanto erano irreperibili da anni.
È tuttavia un libro prezioso perché vi è già condensata tutta la materia da cui sono deflagrati i grandi libri successivi. Sono storie apparentemente semplici eppure già pienamente moreschiane in ogni singola parola. Ne La camera blu, il primissimo racconto di Moresco, un bambino tenta disperatamente di scrivere ricopiando su un taccuino i brani dei classici della letteratura. Ne La buca il protagonista è ancora un bambino, e un bambino è (in apparenza, prima di una spiazzante rivelazione finale) la voce narrante dell’inedito Il re, l’ultimo racconto scritto da Moresco. In mezzo, tra questi due estremi, verrà la grande eruzione delle opere più monumentali e mostruose, Gli esordi, le oltre mille pagine di Canti del caos, tutte ripubblicate da Mondadori. Ma per una coincidenza Moresco, questo scrittore additato come terribile e illeggibile da alcuni critici, ha vinto proprio il Premio Andersen della letteratura per l’infanzia, con un libro di favole, Le favole della Maria.
Allora forse bambini, a rileggerlo oggi, sono anche gli adulti de La cipolla, una storia d’amore e di sesso vissuta nella claustrofobia di un appartamento dove la realtà è un’allucinazione lucida e ogni dettaglio si trasforma in un’avventura mentale. Ogni oggetto, ogni atto, ogni forma è come se fossero visti per la prima volta nella coscienza. Il narratore adulto della Cipolla vede il sesso come il bambino de La camera blu, come un labirinto di forme da interrogare senza sosta, una foresta di simboli misteriosi perché significano solo se stessi.
È uno sguardo potente perché mantiene la forza della percezione primigenia, una visione senza filtri culturali che Moresco si porterà dietro anche nei romanzi successivi. È qualcosa di simile, in teoria, a quella finzione narrativa che dovette inventarsi Italo Calvino, autore odiato da Moresco, per raccontare la Resistenza con gli occhi del ragazzino Pin ne Il sentiero dei nidi di ragno, con la differenza che in Moresco quest’operazione riesce totalmente perché non è un trucco narrativo ma puro realismo, o un realismo della purezza, per questo la realtà sconfina continuamente nell’irrealtà e appare normale appoggiare un orecchio su una pancia e ritrovarsi a parlare con un feto.
È attraverso questo atto di stupefazione innocente che Moresco riesce a andare oltre la realtà e a mostrarcene sempre un’altra possibile, a spalancare un universo in una cipolla, a creare, di lì a poco, personaggi incredibili come l’uomo che pesta le merde, la ragazza che non c’è assorbente che tenga, principessa e il domatore, Pompina, Ditalina, il Gatto, il Matto, dando voce perfino alla tenia nella pancia di Maria Callas, come in una delle sue meno note pièces teatrali.
Va bene, c’è il rovescio della medaglia anche in questa medaglia al valore: se in letteratura questo occhio speciale è una marcia in più, nella vita prende la forma di una delle marce di boy scout organizzate da Moresco contro la cattiveria, con annesso seguito di quattro gatti camminatori, ma chissenefrega. Non gli si può non perdonare tutto perché quando non «cammina cammina» è uno scrittore incredibile. Ecco perché la chiave per comprenderlo fin dall’esordio è nella prima frase de Il re: «Allora ero così piccolo che dovevo stare sulla punta dei piedi per vedere le cose».


A pensarci, tutti i libri di Moresco sono scritti sulla punta dei piedi, per vedere le cose, e grazie a lui anche noi possiamo tornare piccoli e alzarci in punta di piedi e vedere il mondo come se fosse la prima volta: meravigliosa e terribile, pazzesca.

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