A caccia di libertà, impugnando l'alpenstock

La montagna come luogo di vita. Un luogo dove le regole le detta solo la natura. Dove, per chi la abita davvero, l'etica è incisa nelle pietre, nelle travi delle case tirate su con lunga fatica, dove una tradizione vale più di un codicillo dentro qualche astruso codice. La montagna anche come sogno, come ideale a cui tendere. E pazienza se nella realtà diventa sempre più sbiadita, rischiando di trasformarsi in uno dei tanti luna-park «globali». Ma soprattutto la montagna che, proprio per la sua durezza, è per eccellenza un luogo di libertà.

Ecco, condensando al massimo, ciò che si può trovare in Il cacciatore di libertà di Aimé Maquignaz (Mondadori, pagg. 238, euro 16,90) che oggi verrà presentato alle 18,30 al Mondadori Megastore di Piazza Duomo a Milano. Il libro, sospeso tra biografia e romanzo - c'è molta vita vissuta, ma anche la capacità di raccontare la Valle d'Aosta che fu, quasi come in una favola - accompagna il lettore in una ascensione letteraria che è un po' anche un viaggio nel tempo. Maquignaz - montanaro per genetica, avvocato per studi universitari, politico per passione, pittore per vocazione - inizia il suo racconto partendo dalla «Vallée» degli anni Quaranta. La vita nei piccoli villaggi, la caccia come tradizione e come scuola di vita, il duro lavoro nei rifugi, l'alpenstock come compagno abituale di camminata di chiunque. Un mondo primordiale ma bellissimo: «Un giorno mio padre, con aria di complicità, mi chiamò mostrandomi due completi da caccia di color bianco, dalla testa ai piedi, cuciti dalla mamma. Sarebbero serviti per mimetizzarsi durante una battuta di caccia notturna, alla luce della luna... Mi sentivo il figlio di un apache vegliato dal grande Manitou... Il ricordo di quella caccia al chiaro di luna lo porterò con me per sempre. Ogni tanto nei momenti di sconforto torno a riviverla».

E poi un sacco di incontri con montanari d'antan come Jean Pellissier (1912-1987), la guida alpina che salì più di trecento volte il Cervino, viaggi in giro per il mondo e discussioni in rifugio se sia più etico andare a caccia o mangiare animali uccisi in un macello. Oppure la buffa scoperta che il golf è roba per guerrieri.

Insomma, una vita a caccia di libertà, trovata anche nella pittura (piena di montagne e di tinte forti). Una vita messa su carta. A molti il libro potrebbe ricordare, e ragionevolmente, i testi di Mauro Corona. Ma forse qui c'è più uomo e meno personaggio, la prosa è meno ben costruita, ma forse anche per questo più vera.

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