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Caviale, armi, cocaina La «piovra» è globale

Tutte le recenti svolte storiche - il crollo del comunismo, lo smantellamento dell’apartheid, l’inspessirsi dei flussi migratori, la diffusione del terrorismo internazionale, lo sbriciolamento della Jugoslavia - hanno aperto crepe. E come stuccatori professionisti i gangster le hanno riempite con le loro lucrose attività. Incredibile è l'atteggiamento global dei cartelli criminali di ogni parte del pianeta. Il risultato è una sorta di super mafia mondiale, che non è una Spectre ma lo spontaneo saldarsi di joint ventures illegali. Misha Glenny, che per la Bbc si è occupato a lungo di Balcani, ha avuto un affaccio privilegiato sul labirinto in cui si muovono gang multinazionali e poliglotte; acquisire una conoscenza di prima mano di quell’area significa tenere un bandolo da cui si può partire a smatassare il gomitolo della criminalità organizzata mondiale.
Nel suo McMafia (Mondadori, pagg. 448, euro 18; trad. Anna Zapparoli) Glenny fa confluire centinaia di interviste ai protagonisti del colossale guardie e ladri che si irradia su tutto il planisfero. Interviste sia alle «guardie» sia ai «ladri», nonché a bizzarri personaggi come Django, austriaco di Bregenz, che per approfondire le proprie ricerche accademiche sul Giappone ha deciso di accompagnarsi a lungo (con un certo compiacimento) a un drappello di boss della yakuza. Nei Balcani Glenny ha avuto modo di osservare l’agilità dei gruppi criminali: mentre gli jugoslavi si massacravano reciprocamente, le gang facevano tutte le parti in tragedia. Si mescolavano agli eserciti regolari, creavano in proprio truppe paramilitari ultranazionaliste e nel frattempo vendevano armi a tutti, conterranei e avversari. A margine, non trascuravano il contrabbando di sigarette e benzina. E nelle frattaglie di tempo, in cogestione con i boss cinesi, si occupavano anche del flusso di clandestini in transito nella Chinatown di Belgrado.
Secondo Glenny, ci sono pochi gradi di separazione criminale tra il commercio clandestino di caviale (secondo la legge kazaka i turisti possono comprare massimo 100 grammi di beluga, ma basta chiedere alla vecchietta giusta per comprarne un secchio) e gli smanettoni brasiliani che imbastiscono colossali truffe informatiche rubando pochi dollari da milioni di singoli conti correnti. I link dell’illegalità sono imprevedibili. Niente sembra accomunare un guerrigliero marxista colombiano che cerca di circonfondersi di romanticismo fatto di vita nella giungla e notti all'addiaccio e un businessman cinese acquartierato nei suoi uffici di Singapore. Eppure entrambi riforniscono di cocaina i mercati occidentali. Tutto sembra dividere gli spregiudicati oligarchi russi dai mammasantissima nigeriani dediti a truffe bancarie internazionali. Eppure c’è un fil rouge. Nel 2004, nei dintorni di Parigi, un russo rimpinguatosi con la disinvolta gestione del petrolio diede una festa in un castello. Tema della serata: la nostalgia. Gli invitati delibavano vodka sotto drappeggi di bandiere rosse. Busti di Lenin vigilavano con marmorea bonomia su decine di narici accalcate attorno a righe di cocaina, mentre trattori guidati da contadini francesi travestiti da agricoltori del soviet intrecciavano caroselli al ritmo di Difensori all’assedio di Leningrado e canzoni consimili.


Alle feste dei controversi banchieri nigeriani, invece, si tracanna champagne alla spina. Ma pur corroborati dai beveraggi, gli invitati discutono di affari illegali. Così ramificati che Glenny, preso dallo sconforto, inclina alla resa, suggerendo di puntare (quando possibile) sull’antiproibizionismo.

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