Iraq, team di archeologi italiani scopre porto del III millennio a.C.

La sensazionale scoperta del team di italo-iracheno getta una nuova luce sulla civiltà mesopotamica. Il porto di Abu Tbeirah scrive un nuovo capitolo della storia dei Sumeri. I risultati sarano presentati il 21 marzo

Iraq, team di archeologi italiani scopre porto del III millennio a.C.

Una scoperta importante quella realizzata dal team degli archeologi italiani ad Abu Tbeirah hanno scoperto un porto risalente al terzo millennio prima di Cristo. Secondo gli esperti, la scoperta rappresenta un capitolo importante per la storia della Mesopotamia e della sua civiltà. Il rinvenimento del porto, infatti, scalfisce l'immagine di una civiltà mesopotamica fatta di deserti, campi di cereali e canali. C'era qualcosa di più, e l porto lo dimostra.

Il team, diretto da Licia Romano e Franco D'Agostino, presenterà i risultati della scoperta il 21 marzo, a Roma. Come riporta il sito de La Repubblica, "Il porto situato nella parte nord ovest del Tell di Abu Tbeirah è un bacino artificiale, una zona più depressa, circondata da un massiccio terrapieno con un nucleo di mattoni d'argilla, con due accessi che lo mettevano in comunicazione con la città e che sono chiaramente visibili anche dalle immagini satellitari di Google. Si tratta del porto più antico sinora scavato in Iraq, visto che le uniche testimonianze di strutture portuali indagate archeologicamente provengono da Ur, ma sono di duemila anni più tarde".

I ricercatori ritengono che sia plausibile che il porto individuato ad Abu Tbeirah non avesse un unico scopo, cioè quello di ormeggiare barche ed emporio commerciale, ma che fosse anche una riserva d'acqua utile per molte attività dell'insediamento e per la distribuzione delle risorse idriche. "Le indagini proseguiranno durante le prossime stagioni di scavo, vista la grandezza del complesso portuale: il bacino, di forma oblunga è di 130x40 m ca., doveva avere una capienza probabilmente superiore 12 piscine olimpioniche".

Lo scavo è iniziato nel 2017 attraverso il lavoro e il finanziamento dell'Università La Sapienza e del Ministero degli Affari Esteri italiano. Un grande contributo l'ha dato la Fondazione Bardelli. Come ricorda Rai News, "recenti indagini sull'antica canalizzazione che connetteva i siti mesopotamici, portate avanti da Jaafar Jotheri, dell'Università di Qadisiyah e membro della missione, hanno evidenziato la particolarità del sito di Abu Tbeirah, che dalle immagini satellitari appare chiaramente circondato da paleo-canali che si dipartono come raggi dalla città e che ci ricordano molto i canali delle Marshland".

La forte connessione con le paludi del delta potrebbe spiegare i motivi della riduzione e della successiva scomparsa dell'insediamento di Abu Tbeirah verso la fine del terzo millennio

a.C., quando in diverse parti del mondo si è osservato un cambiamento climatico importante, il cosiddetto 4.2 ka BP event. Le paludi, connesse al sito, sono ambienti estremamente sensibili ai grandi cambiamenti climatici.

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