L'"Estetica" di Croce? Bella e buona

La filosofia di don Benedetto è un'arte del vivere. E libera l'uomo dalle pastoie della psicologia deteriore

L'"Estetica" di Croce? Bella e buona

Benedetto Croce, a un tale che gli chiese come entrare nel mondo della filosofia, rispose: «La filosofia è un palazzo con cento porte, si può entrare da tutte, ma se volete un consiglio, tanto per cominciare, leggete un mio libro, la Filosofia della pratica ». Croce consigliò quel testo perché tra i quattro libri della Filosofia dello spirito è quello più autobiografico e vitale e il suo interlocutore ci si sarebbe meglio ritrovato, come ognuno di noi si ritrova nelle lotte e cose pratiche dell'esistenza. Ma Croce, per entrare nel palazzo della filosofia, da quale porta entrò? Aprì la porta dell'estetica e dopo un lavoro lungo e sofferto pubblicò nel 1902 un librò che avrebbe rivoluzionato tanto l'estetica quanto il palazzo della filosofia: Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale . Il carattere estetico del pensiero di Croce è un aspetto che non è stato sottolineato abbastanza e, invece, è centrale se si vuole intendere la sua filosofia.

In genere i filosofi, prima prestano attenzione alla morale o alla logica e solo in un secondo momento giungono all'estetica scendendo dal cielo sulla terra. Croce, caso più unico che raro - con la sola e significativa eccezione di Nietzsche - compì il percorso inverso. Questa particolarità, in cui l'estetica è la conoscenza del particolare e il momento aurorale dello spirito, caratterizzerà il suo storicismo che così per sua natura non potrà cadere nelle distorsioni ideologiche e nel determinismo totalitario. Croce considerava la poesia e la più ampia estetica come l' experimentum crucis nel quale falliscono tutte le filosofie astratte, intellettualistiche, ideologiche perché il pensiero per pensare qualcosa di sensato deve sempre far ritorno al mondo sensibile e sensuale e cosi - come scriveva nel saggio del 1931 Le due scienze mondane. L'estetica e l'economica - rinfrescarsi e rinascere «dalla vita, dall'esperienza, dalla poesia, contro l'esangue filosofare accademico e universitario, che si aggira di solito in un mondo senza passione e senza fantasia e inclina alle astrattezze del logicismo e del moralismo». Si può dire, allora, che non solo la Pratica ma anche l' Estetica sia un libro autobiografico e un gran libro di filosofia che ha segnato non solo in Italia ma nel mondo i pensiero estetico del Novecento.

Per riaprire quella porta estetica c'è oggi un motivo in più. La Bibliopolis, che pubblica l'edizione nazionale delle opere di Croce, manderà in libreria a novembre tre volumi indivisibili, curati da Felicita Audisio, che al lettore offrono rispettivamente: il testo dell' Estetica del 1950, la ristampa dell'edizione Sandron del 1904 e un volume di apparato critico, genesi e storia dell'opera. A volere la pubblicazione del testo del 1904 è stato l'editore, Franco Del Franco perché - dice - «ci siamo resi conto che fare la comparazione tra il primo e l'ultimo testo crociano dell' Estetica per evidenziare sviluppi e innovazioni era impossibile». Poco male, perché il lettore avrà tra le mani quella prima edizione dell' Estetica che altrimenti non saprebbe dove reperire. Prima edizione, per altro, per modo di dire, perché in fondo la «prima edizione» sono le Tesi fondamentali di un'estetica come scienze dell'espressione e linguistica generale che uscirono nel 1900 e il lettore può trovare sempre presso Bibliopolis in ristampa anastatica. Perché il lavoro di Croce fu faticoso e lui stesso lo ricorda nel Contributo alla critica di me stesso : «Ma, quando mi accinsi all'opera e cominciai a raccogliere i miei sparsi concetti, mi ritrovai ignorantissimo».

Croce cominciò a lavorare intorno al problema estetico nel 1898 e il libro venne fuori quattro anni dopo. A quel tempo Croce era, sì, già noto per i suoi lavori eruditi e letterari e per aver criticato e revisionato il marxismo fino a considerarlo semplicemente un «canone storiografico», ma non era ancora pienamente filosofo. Lo divenne, appunto, con l' Estetica , non solo leggendo sul tema tutto ciò che scrissero gli altri filosofi, ma con un suo travaglio interiore perché l'intelligenza sveglia e sicura «non si acquista con la semplice lettura dei loro libri, ma col ripetere in sé medesimi, sotto lo stimolo della vita, il loro dramma mentale». Una volta scritto quel gran libro, Croce non si sentì la testa svuotata, come sarebbe anche naturale, ma piena «di nuova filosofia, cioè di dubbi e problemi», giacché per pensare il problema estetico dovette toccare, come gli anelli di una catena, le altre forme spirituali o attività umane. Insomma, dall' Estetica iniziò il percorso che lo condusse alla Filosofia dello spirito scrivendo la Pratica , la Logica e Teoria e storia della storiografia . Ma dall' Estetica , che poneva l'esigenza concreta dell'esercizio critico - il giudizio - nacquero anche la stessa rivista La Critica , che non a caso cominciò le pubblicazioni nel 1903, e il sodalizio con Gentile.

Il valore del libro crociano è nella fondazione stessa dell'estetica che è salvata dalle confusioni dello psicologismo ed è così riconosciuta nella sua attività di atto intuitivo o sensibile: l'arte è per Croce, che porta a sistema le idee di Vico e De Sanctis, intuizione-espressione. Dove l'accento è da battere tanto sull'espressione - tipica degli artisti veri e dei poeti - quanto sull'intuizione che riguarda la conoscenza sensibile del particolare ed è di ognuno di noi e senza di essa non saremmo in grado non solo di conoscere ma neanche di muovere un passo. Croce rifondando l'estetica faceva compiere alla filosofia un passo avanti dai tempi di Kant e, per capire la portata storica dell'impresa, si pensi che nei primi anni del Novecento l'esigenza di liberare la filosofia dalle pastoie psicologistiche fu, per fare due esempi, di Husserl e di Bergson. Ecco perché l' Estetica di Croce, nei suoi sviluppi che vanno dal Breviario alla Poesia , è alla base della critica letteraria del Novecento, sia dei crociani - e questo va da sé - sia degli anti-crociani.

Tutti, da Giuseppe Antonio Borgese a Renato Serra, da Giacomo De Benedetti e Luciano Anceschi a

Gianfranco Contini, da Cesare Garboli a Geno Pampaloni a Giovanni Macchia, da Luigi Baldacci a Umberto Eco fino a Massimo Onofri, per fare un elenco minimo e vario, tutti son stati volenti o nolenti nipotini (ingrati) di Croce.

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