Liberi e creativi ecco gli Ariani (altro che nazisti)

Un nuovo saggio per riscoprire il senso di una parola divenuta ingiustamente tabù per colpa del nazismo

Liberi e creativi ecco gli Ariani (altro che nazisti)

In ambito culturale capita spes­so, troppo spesso. Va a finire esattamente come in quel detto: si butta via il bambino con l’acqua sporca. È successo con un concetto base della linguistica: quello conte­nuto nella parola «ariano». La parola è nata in ambito erudito durante l’Ot­tocento assieme­a quelle geniali sco­perte che hanno portato a formulare il concetto di lingue indoeuropee. Gia nel Cinquecento i primi viaggia­tori Occidentali in India si erano ac­corti che, inspiegabilmente, molte parole delle lingue occidentali somi­gliavano al sanscrito ( tra questi il fio­rentino Filippo Sassetti). Fu poi l’orientalista William Jones in un di­scorso alla Royal Asiatic Society of Bengala, il 2 febbraio 1786, il primo a formulare la questione in modo chia­ro: «La lingua sanscrita... è più perfet­ta del greco, più copiosa del latino... nonostante abbia con entrambe un’affinità...sia nelle radici dei verbi che nelle forme della grammatica... Nessun filologo potrebbe indagarle tutte e tre, senza credere che esse sia­no sorte da una fonte comune». Si era presa coscienza dell’esistenza di un antico idioma ideuropeo oggi per­duto e che popoli con forti radici co­muni - gli ariani - dovevano essere migrati da un qualche punto (forse proprio dall’India?) diffondendo questo linguaggio. Poi si era diviso e differenziato in svariati rami.
Sin qua la linguistica, scienza im­perfetta ma difficilmente considera­bile
pericolosa. Se non che il nazi­smo ha fatto sì che il termine ariano venga sempre e soltanto associato al­la parola razza. E così la temibile, e in­sensata, espressione «razza ariana» ha trasformato il concetto in un tabù culturale.
Avrebbe dovuto essere un’ovvie­tà: dei due termini è «razza» quello assolutamente sbagliato. Ma alla fi­ne a restare vittima dello sdegno e della censura è stata l’altra parola, «ariano». Ed è un errore, grave e cla­moroso.

Per rendersene conto risul­ta ­utile il breve saggio di Edoardo Ca­stagna: Ariani. Origine, storia e re­denzione di un mito che ha insangui­nato il Novecento (Medusa, pagg. 108, euro 12,50). Castagna, giornali­sta esperto di storia delle idee (ha scritto anche, tra le altre cose, L’Uo­mo di Uz. Giobbe e la letteratura del Novecento ) mette da subito in luce come, linguisticamente parlando, fanno parte della famiglia ariana lo «yiddish» degli ebrei dell’Europa orientale esattamente come il «ro­mani » (la lingua indoaria degli zinga­ri). Poi spiega, con dovizia di detta­gli, come la linguistica ottocentesca fosse in parte caduta nella trappola delle razze, anche prima dell’inter­vento di Hitler e dei suoi sodali. Ma era un retaggio positivista condiviso con molte altre scienze dell’epoca.E nessuna ha pagato un dazio così al­to, dopo. «Il tabù ha finito per inglo­bare nel proprio cono d’ombra l’inte­ra indoeuropeistica; non solo di Aria­ni, ma nemmeno di Indoeuropei - il sinonimo asettico - è consuetudine parlare».

Eppure gli ariani-indoeuropei so­no un oggetto di ricerca fondamenta­le. Al di là della storia delle antiche migrazioni, in buona parte ancora da scrivere, e in gran parte ignota al grande pubblico, c’è la questione della lingua. Come diceva Francisco Villar, «la lingua è la finestra attraver­so cui l’uomo guarda il suo mondo. Conosciamo e apprendiamo la real­tà mediante la lingua che i nostri ge­nitori ci danno in eredità».

Ecco, qualsiasi lingua europea (a esclusio­ne del finnico e del basco) ha un’im­pronta ariana, una radice che- impa­rando a parlarle- ci rende simili, che crea una forma mentis compatibile, se non comune. Forse allora come di Castagna vale la pena di «abbattere il tabù dell’ariano, liberandolo dal fango che la nichilista ideologia nazi­sta ci ha incastrato sopra».

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