Cultura e Spettacoli

A mano armata Nel nome di Kant e Austen

L a notizia è di quelle che si portano ad esempio ai corsi di giornalismo, laddove si avverte: «Non fa notizia il cane che morde l'uomo, ma l'uomo che morde il cane». Ed è per questo che una banale rissa tra due ubriachi in una cittadina russa (Rostov, per l'esattezza) è finita nei notiziari di tutto il mondo. Uno dei due, esasperato dal diverbio, ha addirittura estratto una pistola e ha sparato. E il motivo del contendere? Nientemeno che le tesi religiose di Immanuel Kant. I due, infatti, prima si erano messi a discutere riconoscendosi cultori del filosofo, ma le rispettive tesi erano così discordi da provocare appunto la «notizia». Ghiotta soprattutto per i nostri lettori, che a mala pena ricordano gli scialbi e oziosi dibattiti tra crociani e anticrociani (sempre pacifici e mai al di fuori dei «luoghi deputati»).
La cultura e la letteratura finiscono raramente in cronaca nera. E quando succede il rumore è forte (anche se non assordante). Il mese scorso in Inghilterra il dibattito sui media è stato molto acceso. Un pazzo si era permesso di fare minacce pesanti alle promotrici del comitato che aveva ottenuto che la Banca d'Inghilterra mettesse l'effigie di Jane Austen sulla banconota da 10 sterline (a partire dal 2017, quando si celebrerà il bicentenario della sua morte). L'uomo (un giovane di 21 anni) è stato arrestato, ma il dibattito continua dal momento che continuano ad arrivare minacce anonime a parlamentari e femministe. Se non ci fossero rilievi penali la cosa farebbe sorridere. E penseremmo: da noi tanto livore e tanta acredine nei confronti di personaggi della letteratura sarebbero impensabili. Altrettanto curiosa risultò per il pubblico italiano l'enfasi che i giornali americani diedero alla notizia che Mark David Chapman, l'assassino di John Lennon, fosse un accanito lettore del Giovane Holden, tanto da considerare quel romanzo uno dei fattori scatenanti il suo gesto omicida. C'era da immaginarsele le mamme americane vedere i propri pargoli intenti alla lettura di Salinger e pensare preoccupate ai potenziali effetti nefasti di una simile lettura.


La potenza della parola scritta colpì anche noi europei nel 1989 quando la fatwa scatenata dall'ayatollah Khomeini nei confronti dello scrittore Salman Rushdie (per i suoi «blasfemi» Versetti satanici) ci ricordò che anche le parole possono avere effetti «criminali».

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