Non c'è pace in Francia per Alain Finkielkraut, il corrosivo filosofo che odia il pensiero debole. Da anni le sue prese di posizione - nel 2005 disse che la crisi delle banlieues era «una rivolta a carattere etnico religioso» e che «se un arabo incendia una scuola si parla di rivolta, se lo fa un bianco di fascismo» - causano polemiche continue. Ma questa volta la situazione è più complessa. Il 14 aprile è stato nominato membro dell'Académie Française: fondata nel 1635 dal cardinale Richelieu, è una delle più antiche istituzioni di Francia ed è composta di 40 membri eletti per cooptazione dai loro pari. Ieri però sulle pagine online del Figarò rimbalzava la notizia che l'associazione Cégom (Collectif des États généraux de l'Outre-mers) ha lanciato una lettera aperta contro il filosofo. Dopo aver biasimato la decisione di Hollande di ricevere Finkielkraut - «colonialista dell'anno» - all'Eliseo (23 maggio), il presidente dell'associazione si è detto costernato della decisione di Hollande di rendere valida l'elezione del filosofo. Tutto questo mentre Finkie è sotto tiro anche da parte di riviste e disegnatori per aver detto che i fumetti sono un'arte minore («preferisco i libri, preferisco la pittura»). Immancabile l'attacco online con la campagna «Une BD pour Finkie». Però, fa notare Le Figaro, ci sono poche cose democratiche quanto il voto di un gruppo di accademici.
Nemmeno De Gaulle o Luigi XIV hanno mai rifiutato di ratificare le nomine (Luigi XIV tergiversò su La Fointaine ma firmò). Evidentemente se un presidente di destra mette becco nell'Académie è fascista, se uno di sinistra non lo fa è fascista lo stesso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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