Quanto è dolce naufragare nel nichilismo da discoteca

A volte ci sembrano solo canzonette, invece veicolano messaggi più forti. E i cantanti, da Tenco a Vasco, affrontano "questioni" come Dio e la morte

Quanto è dolce naufragare nel nichilismo da discoteca

Se la canzone incontra la filosofia, si spara un colpo alla tempia? Che rapporto c'è tra pensiero e discoteca, tra nichilismo e musica leggera? Si può poggiare la gravitas del filosofo sulla leggerezza fatua di una canzonetta? È uno dei quesiti impropri e all'apparenza assurdi su cui si esercita la pop-filosofia, che ibrida il pensiero con la vita quotidiana. Ne abbiamo parlato al Castello della Rancia, tra canzoni e filmati, nelle sedute pensierose e spensierate di «Popsophia» che si è conclusa ieri a Tolentino.

L'accostamento così stridente fra nichilismo e canzonette sembra a prima vista cercare un effetto comico, paradossale, quasi umoristico. Ma se è vero che il nichilismo s'è fatto universale, di massa, permea la vita quotidiana, i consumi, i linguaggi, le vacanze, contagia i media, un nesso ci dev'essere. Qualche anno fa il filosofo nichilista Manlio Sgalambro, amico e paroliere di Franco Battiato, scrisse un libretto dedicato alla Teoria della canzone in cui sostenne che la canzone non è la pappa del cuore, tutta romanticherie, ma riflette il tema del secolo, la morte dello spirito. La canzone sostituisce l'attimo con l'eterno e la discoteca è una palestra di nirvana in versione attuale-occidentale. Diamine, che parolone, direte voi. Tutti abbiamo presente la fatuità delle canzonette, le rime di cuore e amore, il recinto privato dei sentimenti, il trionfo dei languori, la storia ridotta a vita intima. Ma Sgalambro insiste e dice che i corpi sputano l'anima sotto le note, e un buon cantante è un misto di uomo e di animale. La canzone promuove una forma d'involuzionismo, di regressione animalesca. Ma Sgalambro non lo dice per denigrare la musica leggera, anzi se ne compiace.

Nel viaggio tra nichilismo e canzonette, tra musiche, filmati e recitazioni, a «Popsophia» sono partiti da un cantante che tutto sembra ispirare meno che il nichilismo. Dico Domenico Modugno. Hanno riproposto due sue canzoni, L'uomo in frac e Meraviglioso . Noi non ci facciamo caso, tanto sono gradevoli e orecchiabili, ma narrano ambedue di suicidio. La prima è intrisa di un nichilismo magico e onirico, con un personaggio fuori dal tempo che si dissolve nelle acque, in una forma di trasognata eutanasia. Tutti amiamo quella canzone ma non facciamo caso alla tragedia che descrive. Meraviglioso è invece la risposta al suicidio. È una canzone del '68, presentata a Sanremo dove fu bocciata, e voleva essere una risposta al suicidio di Luigi Tenco a Sanremo nell'anno precedente. Riscopre l'incanto e la bellezza della vita, parole di Riccardo Pazzaglia, il filosofo arboriano del brodo primordiale (Arbore è stato il caposcuola di una corrente filosofica meridionale, tra Pazzaglia e De Crescenzo, Catalano e Frassica). Ma anche questa canzone un po' ruffiana, gioiosa e un po' retorica, risponde in realtà alla tentazione nichilista di togliersi la vita.

È la scoperta del mondo e della luce per fugare i cani neri del nichilismo che riduce la vita a un niente versato nel vuoto. Il superficiale mondo delle canzonette, in pieno boom economico e poi in pieno impegno ideologico, svela il sottofondo tragico e disperato di una società opulenta e baldanzosa, presa dal fervore della vita lieve, dall' exploit dei consumi, dalla voglia di vivere e di divertirsi. Più tragicamente compiuto sarà Luigi Tenco; nelle sue canzoni la malinconia della vita oscilla tra la noia e il dolore, il perdersi nel tempo e il vuotarsi dei motivi per vivere. Poi, l'epilogo tragico del suicidio infonde a Tenco l'aura nichilista e il sigillo tragico della disperazione. È il lato d'ombra della musica leggera che talvolta si affaccia, per restare ai cantautori italiani, in Bruno Lauzi, Gino Paoli, Paolo Conte, Rino Gaetano, Zucchero e perfino Jovanotti.

Il manifesto musicale del nichilismo resta però Dio è morto di Francesco Guccini, anche se si conclude con un barlume di resurrezione. L'epica nichilista è invece esaltata in Vasco Rossi, con la sua vita spericolata e piena di guai, il caso e il caos in cui annega l'esistenza, il suo vivere per niente, e l'istigazione a perdersi nel fiume della trasgressione. Qui il nichilismo assume quasi tratti nietzscheani, non solo perché ricordano il «vivi pericolosamente». La musica leggera sembra avverare la profezia di Nietzsche: verrà un giorno una musica dionisiaca. Quando scrissi di questo sfondo nichilistico in Vasco, lui mi rispose piccato, da un verso rigettando il nichilismo che aveva quasi confuso con una sostanza stupefacente e dall'altro inventandosi un improbabile autoritratto di uomo dedito alla famiglia e ai figli, con un quadro fiscale, sanitario e giudiziario irreprensibile. Ma perché vergognarsi dei messaggi veicolati nelle sue canzoni e dei modelli di vita indossati fin dentro l'anima? La parabola di Vasco, da pioniere della trasgressione a canone di vita esagerata, mostra che può sorgere anche il conformismo della trasgressione, lo stereotipo del nichilista. Con lui e non solo con lui, la musica leggera si vota a Dioniso, sposa il delirio e la trasgressione, la notte e la perdita dell'identità, vive l'ebbrezza e si lascia possedere da un vitalismo assoluto. Il nichilismo del rock incita a ridisegnare l'universo delle certezze antiche, venerando déi estemporanei, patrie provvisorie e famiglie generazionali. Vivere a orecchio, sostituire il pensiero con l'emozione e la vibrazione, percorrendo il cammino inverso dell'illuminismo kantiano: non elevare l'uomo da mezzo a fine, ma il contrario, rinunciare all'universo teleologico-razionale e vivere di energie e impulsi, fino a farsi strumento. L'uomo si fa chitarra, batteria, suono e percussione, veicolo musicale.

Più facile sarebbe ravvisare il nichilismo nella musica rock americana e nelle sue varianti hard o heavy e trovare riscontro in certe vite e certe morti precoci o suicide, all'insegna di droga, sesso e rock and roll. Ma qui parliamo di musica italiana e in larga parte di melodia. Non è esercizio inutile o eccessivo ravvisare dietro la vena sentimentale e intima, dietro l'amoreggiare della musica leggera, l'unghia dell'ospite inquietante. Per accorgersi che proprio là, nel cuore dell'evasione, serpeggia quella perdita di senso e di scopo, quel rifugio nelle pulsioni e nelle emozioni. La canzone trasborda il nichilismo nella vita quotidiana delle masse, il nichilismo esonda dai libri e dai filosofi per raggiungere ragazzi e discoteche.

Così le canzonette, magari senza volerlo, diventano la scuola elementare del nichilismo, di cui forniscono i primi rudimenti. Perché la musica rispecchia il suo tempo e propaga le sue ossessioni. E il naufragar m'è dolce in queste note...

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