Una radio pirata per liberare l'Istria

Le vicende dell'emittente clandestina che contrastò, nell'etere e non solo, la macchina di morte titina

Una radio pirata per liberare l'Istria

Una epurazione etnica spietata, realizzata casa per casa. Una guerra fredda che rischia ad ogni momento di diventare calda, troppo calda. E poi uno scontro più sottile, impalpabile combattuto nell'etere a colpi di impulsi radio. È questo che racconta il saggio di Roberto Spazzali: Radio Venezia Giulia. Informazione, propaganda e intelligence nella guerra fredda adriatica (1945-1954) edito dalla Libera Editrice Goriziana (pagg. 234, euro 24). Racconta una storia davvero poco nota fuori dai territori del nord est e poco studiata. Di fronte all'avanzata dei titini nell'autunno del '45 e alla situazione sempre più complessa degli italiani rimasti nei territori istriani occupati dalle truppe jugoslave, il Comitato di liberazione nazionale giuliano, almeno nelle sue componenti non comuniste, cercò di correre ai ripari. Propose al ministero degli Esteri la creazione di Radio Venezia Giulia. Venne così rapidamente allestita l'unica emittente clandestina italiana del Dopoguerra. Mentre gli alleati occupavano Trieste e mentre i titini colpivano sempre più duramente le popolazioni dell'Istria e della Dalmazia, nel tentativo di metterle in fuga o comunque deitalianizzarle (ancora nel '45 e nel '46 era altissimo il numero di italiani che misteriosamente «sparivano» dopo essere stati arrestati).

Nell'impossibilità di aiutare in altro modo i nostri concittadini rimasti oltre confine si giocò se non altro la carta della controinformazione. Il 3 novembre del 1945 sulla frequenza 1380 kHz da Venezia partì la seguente trasmissione: «Oggi 3 novembre, giorno di San Giusto e anniversario della redenzione di Trieste, una voce libera parla finalmente agli italiani della Venezia Giulia; dopo anni di oppressione fascista, nazista e sedicente progressista. Una trinità che soltanto nel nome si distingue: ma che nella sostanza e nella forma è identica. La nostra voce è nel primo istante una carezza affettuosa di fratelli a fratelli; di figli a padri rimasti nel carcere jugoslavo... dove forse lentamente si ripete per loro la tragedia che nei campi di concentramento europei fece morire giorno per giorno i migliori».

In quanti ascoltarono la trasmissione quella sera? Forse pochissimi, non era stato possibile ovviamente fare alcun annuncio pubblico o pubblicità delle trasmissioni. Però in pochissimo tempo il numero degli ascoltatori si moltiplicò a macchia d'olio. E fioccarono le proteste. Prima quelle jugoslave, poi quelle degli alleati, visto che la programmazione clandestina non era stata affatto sottoposta all'autorizzazione dello Psychological Warfare Branch. Anzi, gli alleati si presero la briga di triangolare le trasmissioni per localizzare l'ubicazione dei «pirati», tant'è che ad un certo punto per non essere facilmente scoperti, l'antenna della radio venne occultata nel campanile della chiesa di San Nicolò al Lido di Venezia.

Pur in queste condizioni precarie attorno all'emittente si radunò una squadra di prim'ordine. In redazione c'erano lo scrittore e giornalista Pier Antonio Quarantotti Gambini (dalla cui corrispondenza sono venute importanti informazioni per la ricerca di Spazzali) e Ugo Milelli, rimasto in servizio sino al 1949, giornalista di pluridecennale esperienza e corrispondente del Corriere della Sera. Ad animare la radio, che ufficialmente «di fronte agli alleati non esisteva e non doveva esistere», e a garantire i contatti con il governo c'era il console Justo Giusti del Giardino, che si occupò anche di sviluppare una rete di informazione sui territori occupati. Non si trattava infatti solo di trasmettere per gli italiani bloccati oltre confine, bisognava anche raccogliere le informazioni da trasmettere e proteggersi dalle infiltrazioni di spie jugoslave che svolgevano la stessa identica attività. Da lì in poi si sviluppo una lunga storia radiofonica, ad un certo punto le frequenze verranno rilevate dalla Rai dando vita a Radio Venezia III i cui programmi verranno poi inseriti nella programmazione nazionale con trasmissioni come «Ai fratelli giuliani» e «L'ora della Venezia Giulia».

E se nel giorno del ricordo è un'ovvietà dire che quella radio fu davvero poco rispetto all'immane ingiustizia perpetrata verso le popolazioni dell'Istria e della Dalmazia è però anche giusto perpetrarne il ricordo. Perché qualcuno cercò, seppur in vano, di tendere un ponte fatto di onde sottilissime che arrivasse a portare conforto, e una parola di verità, sull'altra sponda dell'Adriatico.

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