Saggistica

I n Italia non ci sono stati solo i cattolici di sinistra. Ci sono - e ci sono stati - anche i cattolici liberali. Mentre i primi appaiono sulla scena politica solo dopo la Grande Guerra, i secondi hanno dato un contributo notevole alla formazione dell’unità italiana. Diversamente dai cattolicesimo di sinistra, quello liberale non demonizza la proprietà privata e il mercato perché vede in queste istituzioni una reale garanzia di libertà per la persona umana concepita proprio in senso cristiano.
Tuttavia se restiamo fermi al giudizio di Benedetto Croce, l’espressione «cattolico-liberale» sarebbe una contraddizione in termini. Si dovrebbe parlare, più che di un preciso sistema di pensiero, di un generico incontro tra il sentire cattolico e il sentire liberale, di un uguale stato d’animo verso gli stessi problemi della libertà, sia essa religiosa o politica, cioè di una comunanza di atteggiamenti non suscettibili di un’elaborazione culturale coerente in grado di dar vita ad un movimento politico vero e proprio: liberalismo moderato, cattolicesimo liberale e liberalismo cattolico sfumerebbero insomma l’uno nell’altro in una gradazione continua in cui risulterebbe difficile individuare le interne componenti. In conclusione, ai fini di una ricostruzione storica, si dovrebbe tener conto di tale eterogeneità ideologica, senza pretendere di giungere a una delineazione storio-grafica univoca e lineare.
Non la pensa così Dario Antiseri, che, in un agile volumetto pubblicato da Rubbettino (Il liberalismo cattolico dal Risorgimento ai nostri giorni, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010, euro 8), intende dimostrare la consistenza etica, politica e ideale del liberalismo cattolico. Per Antiseri il liberalismo e il cattolicesimo erano destinati ad incontrasi perché entrambi rifuggivano da ogni idolatria dello statalismo. Riporta anzi, a questo proposito, un’intervista che l’allora cardinale Joseph Ratzinger rilasciò il 26 novembre 2003 ad Antonio Socci per il Giornale, dove il futuro Papa Benedetto XVI sottolineò che il potere statale «non è l’ultimo potere» e che la distinzione tra questo e la realtà divina «crea lo spazio di una libertà in cui una persona può anche opporsi allo Stato».
Naturalmente, tenendo ferma la puntualizzazione del cardinale Ratzinger, vien subito da chiedersi se per i cattolici la vera libertà stia esclusivamente nella facoltà di portare a compimento i fini dell’anima. In tal caso l’incontro fra liberalismo e cristianesimo si manifesterebbe non nello sforzo di fondare la legge inter homines, ma in interiore homine, subordinando la libertà a un fine morale.
Nell’interpretazione di Antiseri questa osservazione non pare sia tenuta in considerazione. Egli tratteggia l’azione e il pensiero di alcune figure preminenti del cattolicesimo liberale italiano, che hanno coperto un arco di tempo che va dal Risorgimento al secondo dopoguerra: il gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio, il teatino Gioacchino Ventura, il pedagogista Raffaello Lambruschini, i filosofi Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini, lo scrittore Alessandro Manzoni, il sacerdote Luigi Sturzo, l’economista Luigi Einaudi, il teologo Angelo Tosato.
Emerge, complessivamente, l’importanza storica del liberalismo cattolico italiano, che nella formazione dell’unità italiana si è fondato sulla dialettica politica della conservazione-innovazione, la quale ha permesso di mediare tra reazionari e i democratici, utilizzando le spinte ora degli uni ora degli altri ai fini di creare uno assetto politico-istituzionale stabile e duraturo. All’idea di un progresso che si effettua per grandi contrasti, i cattolici liberali hanno opposto la misura del «giusto mezzo» e, a fronte di un eccessivo potere dello Stato, hanno elaborato originali concezioni politiche e sociali di carattere federalista e decentralizzatore, volte a limitare il protagonismo statale per salvaguardare l’autonomia della vita famigliare, l’indipendenza della società civile e la libertà dell’insegnamento.


Per il secondo dopoguerra un’attenzione particolare è riservata da Antiseri verso Luigi Sturzo, le cui «profezie» sui molteplici guasti dello statalismo costituiscono ancora oggi un punto di riflessione importante, specialmente per coloro che non vedono nella libertà economica una negazione del messaggio cristiano. In questo senso Antiseri poteva inserire anche la figura di Alcide De Gasperi, che se da un punto di vista teorico non fu liberale, lo fu però nella pratica.

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