Lo scaffale in alto nelle librerie

Sullo scaffale in alto delle librerie di casa stanno i libri non freschi di stampa e non recensiti da tutti i giornali. Ma da leggere. Come le Poesie di Marcel Proust

Lo scaffale in alto nelle librerie

Sullo scaffale in alto delle librerie di casa stanno i libri non freschi di stampa e non recensiti da tutti i giornali. Ma da leggere. Come le Poesie di Marcel Proust

Non allo sbaraglio, questo no. Ma dilettante, senza dubbio, lo è, il Proust poeta. Un dilettante scherzoso, perlopiù, salottiero, a volte graffiante (come quando, riferendosi a un anonimo politico, dice “voulant un député se nomma une tante”, “volendo un deputato si elesse una zia”), quasi sempre propenso ad accennare, più che a dire, alla rapida battuta, più che alla riflessione. Secondo la traduttrice Luciana Frezza, “una poesia che da un lato è stata per scelta fermata nella crescita e lasciata allo stadio di ipotesi, dall’altro utilizzata per la vita. Leggere in questa ipotesi l’inchiostro simpatico del come Proust sarebbe stato poeta non è difficile e, com’era da prevedere, non fa rimpiangere nulla”. Questi materiali di disparata provenienza (e, occorre aggiungere, differente qualità) sono raccolti in Marcel Proust, Poesie (Feltrinelli, 2008, con un’introduzione di Luigi de Nardis) e ci aprono una porta, o almeno uno spioncino, dal quale curiosare nell’officina dello scrittore.

Punteggiatura ridotta o addirittura assente. Tocco impressionista sia quando si descrive l’opera di un buon pittore olandese come Albert Cuyp o del ben più noto Watteau (“polvere di baci intorno a bocche stanche…”), sia quando si elogia il fascino di una signora (“ma gli occhi vostri sul soffitto/ della mia testa chiari/ rifulgeranno come lampadari”), sia, soprattutto, nel descrivere la pacata Dordrecht dai colori pastello. Gli omaggi a questo o quell’amico occupano lo spazio e il tempo di un cenno, di un fugace ammiccamento. Ma, prevedibilmente, gli schizzi, i microscopici bozzetti preparatori degli affreschi della Recherche, di quell’opera colossale chiamata a un certo punto, con falsa modestia, “opuscolo”, li intuiamo nelle prose poetiche, nei mélanges e nei pastiches. Soprattutto in quel piccolo frammento per la Revue Lilas, pubblicata da un gruppo di studenti del liceo “Condorcet”.

È del 1888: “Sono io il centro delle cose e ognuna mi procura sensazioni e sentimenti magnifici o malinconici, di cui gioisco. Ho davanti agli occhi visioni stupende. Com’è dolce stare in questo letto… Mi addormento”. E noi sappiamo che saranno sogni d’oro. 

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