Niente di meglio di una bella sparata per dare una pompatina mediatica alla corsa al Nobel per la Letteratura. Deve essere questa la molla che anima Horace Engdahl, critico letterario svedese e membro dell'Accademia letteraria reale che attribuisce il più prestigioso dei premi culturali. Già nel 2008 regalò un po' di forza detonante alla competizione. Intervistato da un cronista della Associated Press aveva calorosamente spiegato che la letteratura statunitense era «troppo periferica e priva di consapevolezza per sfidare l'Europa e scalzarla dal centro del mondo letterario». E ancora che gli scrittori a stelle e strisce non partecipavano davvero «al dialogo letterario che conta». Ne nacque ovvia polemica che rimbalzò sui giornali. Tanto che la National Book Foundation americana si offri di mandare a Engdahl una lista di lettura di autori nati oltre oceano, giusto perché si facesse un'idea.
Quest'anno però Engdahl non si è accontentato di stroncare scrittori ed editori di mezzo continente: ha alzato il tiro. È tutta la letteratura occidentale a essere malata di «una forma di sclerosi della creazione». Tutta colpa delle scuole di scrittura, dei finanziamenti pubblici e del benessere. Come Engdahl ha spiegato in una lunga intervista a La Croix (il principale quotidiano di stampa cattolica francese): «Osserviamo gli effetti perversi della professionalizzazione del mestiere dello scrittore in taluni Paesi soprattutto legati al sistema delle borse di studio e dei sostegni finanziari». Senza contare che ovviamente poi ci sarebbe anche la solita e terribile «onnipresenza del mercato». Va molto meglio nei Paesi dove, a causa della povertà, chi scrive per mantenersi deve come una volta «fare il taxista, il commesso o il cameriere». Infatti la vera minaccia ai buoni romanzi è «la globalizzazione che in vent'anni appiattirà tutto e che rischia di snaturare la letteratura africana e asiatica». Certo, ha poi subito detto che un vero premio Nobel deve «portare la forza dell'universale» nei suoi libri. Insomma globale no, universale sì. Finezze da critico...
Intanto i bookmaker inglesi hanno pensato bene che con dichiarazioni così fosse il caso di rivedere al ribasso le
quotazioni degli occidentali nella corsa al Nobel che si concluderà domani. Ora stimano favoriti il kenyota Ngugi wa Thiong'o (7/1), il giapponese Haruki Murakami (9/1) e la giornalista bielorussa Svetlana Alexievich (7/1).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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