Fabrizio de Feo
da Roma
Bruno Vespa saluta il pubblico, fa esplodere il colpo di pistola della grande sfida e fischia lavvio di quella che lui stesso definisce «la partita di ritorno» tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Per il creatore di «Porta a Porta» è una sofferente anomalia restare incatenato nel ruolo di «giornalista officiante», di «uomo clessidra» incatenato dentro la gabbia delle regole della par condicio. Ma lex direttore del Tg1 si cala senza apparente difficoltà in un ruolo che certo non gli è proprio.
La palla, a questo punto, passa ai «giornalisti domandanti», agli intervistatori scesi in campo già nel primo duello: il direttore de il Messaggero Roberto Napoletano e leditorialista de la Stampa Marcello Sorgi. Lo stile delle due firme è diverso: più incalzante e mirato sulle questioni economiche quello di Napoletano, più «professorale» e attento alle questioni sociali e al bagaglio di valori di ciascun candidato quello di Sorgi. Il tutto, però, in un contesto forzatamente ovattato: uno spazio in cui la mancanza di contraddittorio incrociato impedisce di incalzare gli intervistati se divagano o menano il can per laia. Il loro ruolo risulta quindi inevitabilmente dimezzato.
Si parte con un tema dattualità ma neutro dal punto di vista politico: la tragedia del piccolo Tommaso, e lipotesi - paventata in queste ore di dolore nazionale e collettivo - della reintroduzione della pena di morte. Cè poi un affondo di Napoletano: linvito, rivolto alluno e allaltro dei candidati, a scusarsi per qualcosa che è stato detto contro lantagonista in questa infuocata campagna elettorale. Una richiesta di fair play che cade nel vuoto. Con Sorgi ci si sposta poi su uno dei temi-cardine: la reintroduzione della tassa di successione «promessa» dal centrosinistra e la definizione della condizione di «ricco». Ma in sequenza si toccano un po tutti i temi: dalla difesa della vita al problema del reperimento delle risorse per il finanziamento dei rispettivi programmi, dal Mezzogiorno alla scuola, senza dimenticare la politica estera. La disciplina, a parte qualche fiammata del premier - «lei fa il moderatore, lo moderi» chiede Berlusconi a Vespa - e lepiteto di «ubriaco» rivolto dal Professore al Cavaliere, tiene senza troppi problemi.
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