Luca Testoni
Il Sudamerica colpisce - e da sempre - per la sua fisicità travolgente.
A cominciare dai ritmi contagiosi del carnevale di Rio de Janeiro e di Salvador de Bahia, vere e proprie feste pagane dove le "divinità" degli schiavi africani s'incontrano con la religiosità cristiana e con la dolcezza della lingua portoghese. E allora ecco il samba: musica, canto e danze che s'intrecciano in un cocktail di vertiginosa bellezza. Un mondo che ci è tramandato ancora oggi da gruppi di percussioni come gli Olodum o da vocalist del valore di Daniela Mercury, quest'ultima ospite domani sera (ore 21.30, ingresso 20 euro) del festival LatinoAmericando, nell'area del Forum di Assago.
Gli ingredienti della diva bahiana, ormai di casa a Milano? Sensualità e ritmo caldo. Anzi: caldissimo. Interprete (e ballerina) influenzata dalla bossa nova e dal "tropicalismo", è poi pervenuta a uno stile personale (definito dagli addetti ai lavori axé-music), combinando reggae e samba.
Curiosa la storia della quarantenne Daniela Mercuri de Almeida Póvoas, "figlia" prediletta dello stato di Bahia, la regione più musicale del Brasile (da lì provengono Caetano Veloso, Gal Costa e l'attuale ministro della Cultura Gilberto Gil).
Dalla sua, un lungo apprendistato in qualità di reginetta dei "trios eletricos", dal nome degli inconfondibili carri (con tanto di amplificazione) che sono soliti sfilare durante il Carnevale.
Una scuola che ha formato come artista la Mercury, capace oggi di straordinarie performance dal vivo, in cui riesce a profondere inesauribili energie. Come avvenne nella sua prima, vera uscita ufficiale, in uno spettacolo all'aperto nel cuore finanziario di San Paolo davanti a 30 mila persone in delirio. In quell'occasione, si bloccò il traffico e il bel viso di Daniela il giorno dopo era sulla prima pagina dei maggiori giornali brasiliani. Correva l'anno 1992. La carriera di una personalità completa e unica del panorama musicale brasiliano era iniziata.
Negli ultimi tempi, abbandonati l'axé e i fasti degli ottimi album degli anni Novanta, la Mercury si è trovata di fronte a un bivio: proseguire con l'allegro folklore bahiano o aprirsi ad altri generi, facendo valere la propria maturità di interprete, versatile e dalle innegabili qualità canore.
Ha scelto la seconda strada, con risultati alterni.
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