Lasciando la polverosa Valbisagno e salendo presso gli antichi mulini di Cavassolo si raggiunge in meno di mezz'ora la frazione di Capenardo, in Comune di Davagna, antico crocevia della via romana Ianua che passava da Genova per Colle Capenardo e quindi Bobbio e Piacenza. In cresta tra le due cime del Capenardo e del Candelozzo sorgono i pascoli della Cooperativa Agricola Monte di Capenardo. Nata nel 1983 da un gruppo di abitanti che volevano sottrarre all'abbandono i terreni agricoli per trasformarli in pascoli, è risorta nel 1998 grazie a due giovani, allora nemmeno trentenni. Michele Risso e Stefano Chellini conducono oggi un'azienda che ha fatto del biologico la sua filosofia, e che in questi anni sta raccogliendo, in qualità di prodotto e credibilità dell'azienda, il frutto di un lungo ed appassionato lavoro. C'è in realtà un terzo socio nella cooperativa Marcello Maimone, già professore di Michele e di Stefano all'Istituto Professionale per l'Agricoltura Marsano di S. Ilario, che certamente apporta il necessario supporto scientifico che serve in queste occasioni.
Del biologico, dicevamo, hanno fatto la loro filosofia, e per loro è stato relativamente facile accedere a tutte quelle certificazioni necessarie e controllate da un apposito Ente ratificato dal Ministero, perché era quella la loro vocazione e da subito essi iniziarono a lavorare secondo quei canoni che poi con le certificazioni, sarebbero stati loro richiesti: il loro obiettivo principale era, ed è, il presidio ambientale e la tutela dell'agroecosistema. Ed hanno iniziato proprio dalla scelta della razza di mucche, la francese Limousine, dal bel manto rosso fromentino, perché si tratta di una razza che ben si adatta alla vita all'aperto, è ben resistente dal punto di vista sanitario e partorisce con relativa facilità.
Sono oltre centoventi gli animali attualmente presenti che vivono su un'estensione di circa 200 ettari entro una recinzione di oltre 25 chilometri. Sessanta di essi sono «fattrici» sulle quali si pratica la «monta naturale» con i due tori presenti nell'allevamento. Le vacche partoriscono spontaneamente al pascolo e per circa otto mesi le madri allattano liberamente i vitelli. È la primavera il periodo migliore per il parto, poiché in quel periodo la madre ha la possibiltà di nutrirsi di abbondante erba, utilissima per la formazione del latte. Finito lo svezzamento i vitelli vivono al pascolo, nutrendosi di erba e di mangimi a base di cereali provenienti inderogabilmente da agricoltura biologica. Anche il fieno, acquistato nel piacentino, deve essere biologicamente certificato. Il luogo del pascolo varia a seconda della stagione, preferendo il versante sud per la stagione tra l'autunno e la primavera, ed invece il versante del monte Candelozzo per l'estate. La presenza su queste montagne di animali al pascolo si dimostra come un deterrente efficace agli incendi ed al degrado del territorio, con innegabili conseguenze positive per chi abita il fondovalle.
La macellazione dei capi avviene in piccoli macelli della Provincia, come quello di Trensasco, ed è commercializzata dalla stessa cooperativa che realizza «pacchi» di 10 chilogrammi con carne di diversi tagli. La garanzia del prodotto è fornita dal sistema di controllo AIAB-ICEA accreditato presso il Ministero delle Politiche Agricole.
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