Con De Fusco «L’Opera» di Brecht entra nel futuro

La grande cavea è sinistramente solcata da un intermittente fuoco fatuo che si accende sulle finestre schermate di un edificio appena dissepolto dalle tenebre. Fasciature ospedaliere, calzature femminili, trespoli e gabbie segnate trasversalmente da scritte pubblicitarie in stile futurista. La scena di Fabrizio Plessi ospita la caverna, pardon l’atelier di Peachum, il re dei mendicanti. Ovvero Ugo Maria Morosi che con grazia suadente e mellifluo candore che a tratti si colora di maleficio disciplina il gran traffico dei finti invalidi. Coadiuvato da una sposa nefasta di nome Margherita Di Rauso che, con la sua voce da contralto fondo, sembra una strega di Grosz sbucata da una tela della Nuova Oggettività. Subito dopo facciamo la conoscenza di Polly, la loro unica figlia eroina princeps della brechtiana Opera da tre soldi che stavolta, grazie alla magica scienza e agli estri lunari e irriverenti di un regista in stato di grazia come Luca De Fusco, è una squisita bambola di Norimberga di nome Gaia Aprea che, nei tubini bianchi e neri di cui si riveste con spregiudicato candore, si rifà con ironico spleen alla silhouette di resa popolare da Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. È lei con la sua magnifica voce da soprano capace di acuti strepitosi e di struggenti tenerezze di fondo a dar fiato e vita con stile consumato ai fremiti della sposa bambina di Mackie Messer. Ossia il guappo Massimo Ranieri che, sotto una candida casquette in bilico tra Pépé le Moko e la caricatura di un gangster, la doma, l’accarezza e la sottomette piegando la sua splendida voce tenorile che da tanto tempo udiamo risuonare alle frustate implacabili del macho. Da sempre prima sedotto e poi tradito dalla Jenny languida e lunare di Lina Sastri che, in guepière nera lo attende nel bordello di cui è padrona assoluta. Dopo la rutilante Opera di Tato Russo, l’intelligenza parodistica e la profondità d’indagine di De Fusco oggi finalmente ci consegnano l’Opera dell’avvenire.

Densa di umori, cantilene e sapori come si addice a un classico del Novecento superbamente ricreato a vista tra il rimpianto e la nostalgia del passato.

L’opera da tre soldi - di Brecht-Weill Teatro Stabile di Napoli. Regia di Luca De Fusco, con Massimo Ranieri. A Trieste, dal 16 al 25 luglio, poi a Treviso dal 30 al 5 agosto, e in tournée.

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