Rio de Janeiro - «Vergognarmi? E perché mai?». Christian De Sica festeggia orgogliosamente a Rio il cinepanettone numero venticinque, alla faccia dei critici snob. Che però, a guardar bene, stanno diventando sempre meno. «Basti dire - gli fa eco Massimo Ghini, da tre anni suo partner natalizio - che un certo Tullio Kezich ci ha paragonati, nientemeno, a Totò e Peppino». Eccolo dunque qui sulla spiaggia di Copacabana il nuovo tandem del cinema disimpegnato, agli ordini, come sempre, di Neri Parenti. Si gira Natale a Rio, sotto lo sguardo premuroso del giovane produttore Luigi De Laurentiis, che dal superscaramantico papà Aurelio ha avuto precise consegne, peraltro identiche a quelle degli anni precedenti: primo ciak subito dopo Ferragosto, poi via, di corsa ma non troppo, in modo comunque che sia tutto pronto per il 19 dicembre, giorno prescelto per il via nelle sale. Due le immancabili anteprime, al cinema Adriano di Roma e al Med di Napoli, stessi invitati, ciascuno col medesimo abbigliamento portafortuna. E guai a chi sgarra.
Finora il megaproduttore galattico della Film Mauro (Natale a Rio ha un preventivo attorno ai dodici milioni), a momenti più calciofilo che cinefilo, non per nulla rimasto a Napoli a coccolare gli adorati Lavezzi e Hamsik, non ha mai avuto motivo di lamentarsi. Come ribadisce Christian: «Gli esercenti di svariate sale mi hanno confessato: grazie ai suoi film ho rifatto tutte le poltrone». Da tempo non la chiamano più il figlio di Vittorio, azzarda un cronista, e De Sica pronto: «A parte che mio padre veniva accusato di fare anche film da poco, tipo Pane, amore e Andalusia, dico che presto mi chiameranno il papà di Brando», spiegando tutto fiero che il rampollo di casa sta facendo grandi progressi in regia. Tanto che forse vedremo il suo film-documento, tratto dal musical paterno Parlami di me, già all’imminente Festa di Roma.
E proprio negli stessi giorni, il 21 ottobre, uscirà per Mondadori Figlio di papà, trecento pagine di ricordi e aneddoti, scritto da Christian in memoria del padre Vittorio. Insomma ruota tutto in famiglia. Un po’ come nel primo dei due episodi di Natale a Rio, dove il palazzinaro semianalfabeta e arrogante De Sica abbandona il ventennale ruolo di sciupafemmine, per ritrovarsi fianco a fianco con l’amico prof universitario di etica Ghini in una vacanza bestiale, nel senso che ai due figli della finzione, rispettivamente Ludovico Fremont (I Cesaroni) e Emanuele Propizio (I liceali), toccherà per un equivoco il lussuoso pacchetto dei genitori; i quali, a loro volta, precipiteranno in uno sfigato low cost tutto compreso, destinato ai ragazzi. Per la cronaca, nell’altro mezzo film, che non avrà alcun punto di contatto col primo, l’improbabile giornalista Michelle Hunziker (mai vista in redazione una così carina) parte per il Brasile con l’amante segreto, il caporedattore Paolo Conticini, ma le capiterà tra i piedi un altro collega, l’innamoratissimo Fabio De Luigi.
«E pensare - rievoca De Sica i bei tempi andati - che per il mio primo Vacanze di Natale, mi feci prestare la casa di Cortina da un’amica. Ora invece mi piovono le offerte. Per fare Natale a Rio, mi sono giocato il musical Nine con Nicole Kidman. Finito qui, girerò un film drammatico, L’età dell’oro di Antonello Grimaldi. Boldi? Basta, non ne parliamo più. Tra l’altro, Massimo ha un contratto interminabile con Medusa. Simona Ventura ha giurato che ci rimetterà insieme? Se è per quello, aveva annunciato che sarebbe diventata la nuova Marilyn».
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