IL DECANO FRANCO CECCHIN

Monsignor Franco Cecchin, segretario della zona pastorale III della Diocesi di Milano e Decano di Lecco. Altro che Resurrezione serve, qui...
«Proprio il fatto che tutto ciò accada a Pasqua ci deve ricondurre a un significato di speranza».
Sarà, ma qui per il momento si intravede solo la solita valle di lacrime: un magistrato accusa le gerarchie ecclesiastiche di aver protetto i preti pedofili, la Radio Vaticana parla di «campagna calunniosa contro la Chiesa»...
«Oggi dobbiamo fare richiesta di pubblico perdono, in una logica pasquale».
Tradotto per i profani?
«Dobbiamo riconoscere gli sbagli, avere la capacità di assumerci le responsabilità, senza sentirci assediati».
Le arriverà una reprimenda da Roma.
«Io amo la Chiesa e sono vicino al Papa e ai vescovi. E concordo sul fatto che dobbiamo respingere le spinte emotive guidate da interessi diversi, dall’anticlericalismo».
Però?
«Ho l’impressione che si stia usando di più la logica della difesa. Invece occorre umiltà nel riconoscere gli errori e intravedere la speranza. La pedofilia è un peccato gravissimo. E lo è ancor di più se commesso da un educatore, e se quell’educatore è un sacerdote».
Però c’è chi intravede il rischio che le responsabilità individuali diventino collettive, in una generalizzazione strumentale.
«Il rischio esiste. Dobbiamo innanzi tutto abbassare i toni, rifuggire la spettacolarizzazione, il gioco al massacro. E faccio appello anche al suo giornale».
Capirà che se un giudice denuncia i silenzi delle gerarchie ecclesiastiche sarebbe sbagliato non dargli voce.
«Certo. Ma i preti non hanno i compiti dei magistrati».
Hanno il compito di collaborare con la magistratura, o no?
«Sì. Gesù Cristo stigmatizzò duramente la pedofilia».
Vabbè, ora magari non si tratta di buttarli nel lago con una pietra attaccata al piede...
«Posso fare una domanda io?».
Prego.
«Se lei scoprisse che suo figlio è un pedofilo, che farebbe?».
Cercherei di curarlo.
«Lo denuncerebbe?».
Ora non ci dirà che basta un «mea culpa».
«Il reato va punito. Chiedo solo una riflessione in più. Cinquant’anni fa c’era una sensibilità diversa dall’attuale consapevolezza. Non a caso Giovanni Paolo II ebbe un approccio diverso rispetto a Benedetto XVI, che è rigorosissimo».
Questa della contestualizzazione è da Ponzio Pilato, scusi.
«Dico solo che possiamo trovare le vie della giustizia più adeguate: senza svuotare la gravità del danno, non ledere la dignità del colpevole».
Lei è prete da 40 anni. Se le avessero denunciato un parroco per pedofilia?
«Sarei corso dalla famiglia e avrei parlato con i bambini. Poi avrei cercato giustizia, ma nell’amore».
Finirà come con l’astensionismo alle urne, nessuno verrà più a farsi prete.
«La vocazione è legata solo alla fede. Quello che dobbiamo fare è accompagnare il sacerdozio con più consapevolezza, in un cammino di discernimento».
Non sarà ora di rivedere il celibato?
«Il celibato si può rivedere, ma è una scelta consapevole. Le perversioni non nascono dal celibato».
Il celibato nega l’espressione della sessualità...
«Ah ah, e va bene.

Se non lo scrive, le dirò che io mi sento uomo, e che ho avuto uno sviluppo eterosessuale normale».
E se la scrivo?
«Scriva anche che dobbiamo chiedere pubblicamente perdono, e avere fede che in Lui ci si rigenera: anche il peggiore dei mali si può trasformare in grazia».

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