Il defibrillatore può salvare la vita

La morte cardiaca improvvisa (MCI) è imprevedibile e preceduta da perdita improvvisa della conoscenza che si verifica entro un'ora dall'inizio dei sintomi, in soggetti con o senza cardiopatia preesistente. «É una delle principali cause di morte in tutti i paesi industrializzati, colpisce ogni anno una persona ogni mille abitanti, 50mila italiani considerando l'intera popolazione. É un grave problema per la salute pubblica. Tra le varie patologie , la cardiopatia ischemica occupa una posizione fondamentale in quei pazienti in cui si verifica una dilatazione delle camere cardiache», afferma Valeria Calvi, responsabile dell'unità operativa di aritmologia all'università di Catania, ospedale Ferrarotto. «La morte improvvisa - aggiunge la dottoressa Calvi - è determinata da un'aritmia cardiaca, la fibrillazione ventricolare, che trasforma in una vibrazione caotica la normale contrazione cardiaca, per cui la circolazione del sangue si arresta e la vittima si accascia inanimata. Se uno shock di emergenza non viene erogato al cuore per ripristinare il ritmo regolare, la morte si verifica in pochi minuti».
Il defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD) è un presidio salva-vita, il cui ruolo è ormai indiscusso. Il sistema consta di un generatore le cui dimensioni sono di poco superiori a quelle di un pace-maker, che viene posizionato in sede sottocutanea, e collegato ad uno o talora due elettrodi, introdotti all'interno del cuore attraverso una vena; tutto l'impianto viene eseguito in anestesia locale.
«Il defibrillatore impiantabile - precisa la dottoressa Calvi - svolge diverse funzioni: riconoscimento di una aritmia maligna, erogazione di una appropriata terapia elettrica e immagazzinamento di informazioni diagnostiche quali il semplice monitoraggio di un evento aritmico che guida le ulteriori scelte terapeutiche. Inoltre quando necessario svolge la funzione di semplice pace-maker, ovvero stimola il cuore in assenza di ritmo cardiaco spontaneo».
Dal 1980, data del primo impianto umano di un defibrillatore, sono stati continui i progressi tecnologici. Oggi oltre alla possibilità di mettere fine ad un'aritmia maligna tramite l'erogazione di una scarica elettrica ad alta energia, che viene percepita dal paziente come violento dolore, gli attuali defibrillatori permettono altre terapie elettriche, che si sono dimostrate in grado di interrompere la maggior parte delle aritmie ventricolari maligne in modo indolore.
«I vari dispositivi possiedono svariate modalità di programmazione, che permettono di adattarli alle caratteristiche cliniche dei diversi pazienti, cercando di risolvere la tachiaritmia evitando la scarica dolorosa; inoltre i defibrillatori di ultima generazione possiedono degli algoritmi che permettono la riduzione degli shock e della percentuale di stimolazione cardiaca non necessaria». La durata del dispositivo è in media di 5 anni, è sufficiente un controllo in ambulatorio cardiologico solo una volta all'anno, in quanto la maggior parte dei dispositivi possono essere controllati direttamente da casa: grazie ad un sistema wireless collegato al computer del cardiologo.
Una delle innovazioni più importanti è rappresentata dalla possibilità di monitorare con il defibrillatore non solo i parametri elettrici, quali ritmo cardiaco e aritmie, ma anche il grado di ritenzione di liquidi, il livello dell'attività fisica e comunque lo stato funzionale del paziente. Recentemente è stato introdotto il defibrillatore senza fili, in cui il catetere con l'elettrodo che dà lo shock salvavita resta fuori dal cuore e dai vasi. É impiantato sottopelle. Questo nuovo device, proposto per ridurre i rischi correlati all'impianto degli elettrodi intracardiaci, bassi in mani esperte, presenta ancora dei limiti, quali le dimensioni, circa doppie rispetto ai comuni defibrillatori, l'assenza dei trattamenti indolore delle aritmie ventricolari e l’assenza della stimolazione di supporto in caso di ritmo cardiaco lento o assente. Pur rappresentando una allettante innovazione, sarà necessaria un’adeguata evoluzione tecnologica ed esperienza clinica su popolazioni più ampie per questo nuovo dispositivo.

Il defibrillatore con elettrodi inseriti nel cuore per via venosa rappresenta, a tutt’oggi, la scelta clinica preferenziale e primaria per la stragrande maggioranza dei pazienti indicati all’impianto del defibrillatore in base alla linee guida mediche internazionali.

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