«Delfino infermo di mente? In carcere non sembra proprio»

(...) a nostra figlia Antonella e alle vittime della giustizia italiana un’associazione con lo scopo di cambiare le regole e salvare vite umane». Non si placa Rocco Multari, non può. È un fiume in piena. «Se ieri ero arrabbiato per questa condanna, oggi lo sono ancora di più - afferma Rocco -. Ogni tre giorni muore una donna e i politici passano il loro tempo a preparare una legge per il Lodo Alfano, che interessa quattro persone e non per cercare di salvare vite umane. Un’altra vergogna italiana e l’uso eccessivo di questi psichiatri che emettono verdetti a favore degli avvocati, che altrimenti non fanno più ricorso a loro. È solo questione di soldi. Abbiamo un sistema giudiziario che è a favore dei delinquenti e degli assassini, ma mi aspettavo che questo giudice non allargasse ancora di più le maglie della giustizia». Rocco Multari e sua moglie Rosa Tripodi confidano in un inasprimento della pena in Appello. «Sono meridionale ed ho sempre contestato il sistema di farsi giustizia da sé - conclude Rocco - ma a questo punto ho sbagliato io, visto che la giustizia italiana e così vergognosa da farmi ricredere».
Ma le critiche alla condanna ritenuta eccessivamente lieve inflitta in primo grado a Delfino arrivano anche da voci politiche come Daniela Santanchè leader del «Movimento per l’Italia», che venerdì durante un sit in a Roma contro la violenza sulle donne ha commentato: «Quante Antoniette devono ancora morire perché i loro assassini non trovino scorciatoie di legge sulla pena e che dopo pochi anni riacquistino la libertà di uccidere?». Perplessità sono state espresse anche dal ministro per le pari opportunità Mara Carfagna, da tempo in contatto con ma mamma di Antonietta, Rosa Tripodi.
Parla apertamente di «sentenza vergognosa» il senatore di Alleanza nazionale Giorgio Bornacin che annuncia come si farà carico di organizzare un comitato di solidarietà alla famiglia Multari, già pesantemente colpita da una tragedia annunciata e preceduta da mesi di minacce ignorate da chi doveva difenderla.
«Io credo che la sentenza di primo grado per Delfino sia vergognosa come quella per l’omicidio delle signora Giovanna Reggiani, avvenuto a Roma per opera di un romeno - spiega il senatore -, qui i giudici hanno scelto di credere alla seminfermità mentale di un uomo che, in carcere, mi risulta, si comporta con grande compostezza e lucidità, evitando con cura i contatti con gli altri detenuti che potrebbero aggredirlo, e uscendo per la passeggiata solo se scortato da quattro guardie. Adesso mi chiedo se uno così è seminfermo di mente». Il sentatore da voce alle più angosciose preoccupazioni di molti: con un comportamento esemplare in carcere e la lieve condanna di primo grado Luca Delfino potrebbe godere in tempi brevi di premi e uscire in men che non si dica. «E fare altre vittime, visto che la povera Antonella non sarebbe stata, come sappiamo la sua prima vittima», commenta il senatore facendo riferimento all’omicidio di Luciana Biggi, ex fidanzata di Delfino, massacrata nei vicoli di Genova nell’aprile del 2006 e per il cui omicidio Delfino è stato indagato.
Soddisfatto, naturalmente il difensore di Delfino, l’avvocato Riccardo Lamonaca, che critica la strategia del pm Vittore Ferraro. «È stata più una forzatura la richiesta di ergastolo fatta dal pubblico ministero che la sentenza del giudice, che tiene conto di un dato emerso nel corso del processo ovvero la seminfermità mentale dell’imputato». Dice il legale che si riferisce al fatto che il pm non ha tenuto in considerazione, nella sua requisitoria, le risultanze della perizia psichiatrica del suo consulente di parte e di quello del tribunale che certificava il vizio parziale di mente. «Non ha senso - ha proseguito Lamonaca - dare un incarico al perito, prendere atto delle sue conclusioni e, poi, disattenderle, perché l’opinione pubblica vuole l’ergastolo. Se il vizio parziale esiste, ciò deve avere un significato equivalente o prevalente rispetto all’aggravante, ma non sub valente. Il pm non può incaricare un consulente di fare una perizia e, poi, disattendere i risultati.

Al gup Eduardo Bracco va tutto il mio plauso per aver mostrato indipendenza di giudizio e serenità di valutazione, senza farsi condizionare dall’emotività ambientale e dall’impatto mediatico che spingeva verso una direzione». Conclude Lamonaca: «Sono anche felice che il vizio parziale di mente che ho sempre sostenuto a favore del mio assistito, da sempre considerato un escamotage difensivo, sia stato consacrato in una sentenza».

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