Audizione di Confindustria Nautica in Senato. Davanti alle commissioni riunite, la VIII (presideduta da Luigi Grillo) e la X (presidente Cesare Cursi), il numero uno di Ucina, Anton Francesco Albertoni, ha sottoposto ai commissari gli obiettivi del settore e del comparto turismo da diporto, a breve e a lungo termine. I particolare fari puntati sul cosiddetto «ddl sviluppo», quello che il premier Berlusconi e lo stesso Tremonti avevano definito come «la scossa alleconomia».
Nella complessa elaborazione di questo decreto, che dovrebbe essere varato entro un mese circa, è compresa la spinosa questione delle concessioni demaniali.
«Siamo coscienti e consapevoli della situazione generale - premette subito Albertoni - Non chiediamo provvedimenti che costino allo Stato, ma solo atti amministrativi a costo zero e comunque con grandi ritorni per lerario. Noi ci siamo posti un obiettivo: trovare un nostro spazio per inserire nel pacchetto sviluppo anche nautica e turismo da diporto».
È risaputo che il demanio è lo snodo cruciale dal quale passano il rilancio della nautica, lo sviluppo delle economie costiere, la messa a reddito dei beni pubblici da parte degli enti locali. Secondo i vertici di Ucina, il federalismo demaniale può essere una enorme opportunità, ma anche un limite se non vengono chiariti tre interrogativi: 1) le modalità di attuazione del trasferimento dei beni demaniali dallo Stato agli enti locali; 2) la gestione del rilascio e del rinnovo delle concessioni esistenti; 3) limpatto della filiera sui canoni demaniali. Semplice quindi il ragionamento di Albertoni che ricorda la sciagurata Finanziaria 2007 imposta dal governo Prodi che moltiplicò fino a 10 volte i canoni concessori e assimilò - con gravissima colpa - i porti agli stabilimenti balneari. Di qui la richiesta: «È auspicabile - aggiunge Albertoni - uniniziativa congiunta dei ministri Fitto, Brambilla e Calderoli per costituire un tavolo di confronto tra governo, conferenza regioni e industria per individuare regole minime, condivise, che valgano per tutte le autonomie, a cominciare dalla durata minima delle concessioni».
Ai commissari, molto attenti ai temi elencati dal presidente di Ucina, Albertoni ha poi ricordato quel «Piano della Nautica» elaborato e presentato al governo nel 2008, agli inizi della grande crisi. Secondo uno studio di Ucina, infatti, è possibile ricavare 40mila posti barca «semplicemente razionalizzando gli spazi sottoutilizzati nei bacini esistenti. In questo caso si possono attivare risorse private per 1 miliardo e 10mila posti di lavoro nellindotto».
Quel piano, tuttavia, prevedeva un totale di 3 miliardi di investimenti privati attraverso le semplificazioni amministrative.
«Ai senatori - dice ancora Albertoni - ho amabilmnente ricordato che secondo il Censis ogni 4 barche si genera un posto di lavoro e che il diportista ha una capacità di spesa quasi doppia rispetto al turista cittadino. Tutti gli studi economici dimostrano come i beni demaniali destinati alla nautica da diporto offrano il miglior moltiplicatore del reddito e delloccupazione (Censis, Bain & Co, Osservatorio Nautico Nazionale, ndr).
Il definitivo conferimento delle coste alle autonomie locali è la chiave per risolvere il gap che ci separa dai Paesi concorrenti nel Mediterraneo: Francia, Spagna, Croazia e ora Turchia, Tunisia, Montenegro.
«La nautica - conclude Albertoni - è uno dei settori produttivi vanto del Paese, quinta voce dellexport, con una crescita stabilmente superiore al 10% nellultimo decennio e il conseguente raddoppio degli occupati, eppure soffre più di altri comparti della mancanza di un vero piano strategico di sviluppo, a cominciare da una politica fiscale adeguata che eviti la continua fuga allestero delle grandi unità, quelle che generano indotto sul territorio».
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