Denver, i democratici acclamano Obama

Il senatore di Chicago riceve la staffetta da Bill e Hillary Clinton, la famiglia più potente del partito democratico americano. È il secondo testamento in due giorni. Dopo la consacrazione di Hillary, anche l'ex presidente lancia Barack: "E' un uomo che sa ispirare la gente"

Denver, i democratici acclamano Obama

Denver - Non solo il Jfk nero, Barack Obama è il nuovo Clinton. Questa notte il giovane senatore di Chicago ha ricevuto la staffetta da Bill e Hillary Clinton, la famiglia più potente del partito democratico americano. È il secondo testamento in due giorni: martedì notte, con la voce rotta e un coraggio da brividi, Ted Kennedy, ha consegnato con un ruggito a Barack Obama il testimone della dinastia simbolo della politica americana: politici come Obama nascono una volta in una generazione, l’ultimo è stato John Fitzgerald Kennedy.

L'acclamazione di Obama Obama è stato nominato dai delegati di Denver, per acclamazione, e sarà il candidato democratico alle presidenziali di novembre. Non è una novità, ma nella politica americana i rituali hanno un grande significato. È stata Hillary a sospendere il voto dei delegati in atto, a rinunciare al suo stesso voto di superdelegata, proponendo una mozione di voto per acclamazione in nome dell’unità del partito. Lo ha fatto gridando in un microfono che Obama, il suo ex nemico, il rivale che l’ha battuta sarà il nuovo Clinton. Un paio d’ore dopo è toccato allo stesso Bill Clinton, la nemesi di Obama nel lungo duello delle primarie, dire che il senatore dell’Illinois "è pronto per essere presidente". Ai critici che liquidano Obama come inesperto, una matricola della politica, Clinton ha risposto con la sua storia personale: "Sedici anni fa - ha detto nel suo applauditissimo discorso alla convention - abbiamo battuto i repubblicani in una campagna durissima, mi attaccavano dicendo che ero troppo giovane, troppo inesperto per essere il commander in chief. Vi ricorda qualcosa?".

I veleni delle primarie non ci sono più "Ha un dono straordinario - ha detto Bill Clinton di Obama - quello di sapere ispirare la gente, infondere la speranza, guidarla verso un orizzonte più alto. Ha l’intelligenza e la curiosità che non possono mancare in un presidente". Nella chiusa del suo appello l’ex presidente ha addirittura evocato una delle sue frasi più celebri, quella pronunciata nel suo primo discorso di accettazione, nel 1992, al Madison Square Garden di New York, quando definì l’America "un posto chiamato speranza". "Barack Obama ci libererà dalle divisioni e dalle paure che abbiamo vissuto negli ultimi otto anni (di presidenza Bush) e ci restituirà unità e speranza. Se come me credete che l’America sia ancora un posto chiamato speranza, allora unitevi a me, Hillary e Chelea per eleggere Barack Obama il prossimo presidente degli Stati Uniti". Più forte e chiaro di così il messaggio non potrebbe essere, e pensare che a dare retta agli addetti ai lavori Clinton ha per Obama un’antipatia sincera.

Il ringraziamento di Obama Il senatore dell'Illinois ha ringraziato di persona, rompendo il protocollo della convention: è salito sul palco al termine della terza seduta, per abbracciare il suo vice Joe Biden, che aveva appena concluso il suo discorso di accettazione. I repubblicani hanno avuto conferma della vera ragione per la quale Obama lo ha scelto come vice: la sua capacità di mastino d’attacco. Dopo una premessa autobiografica, Biden ha scaricato il suo durissimo atto d’accusa contro il collega John McCain e contro il presidente uscente George W. Bush. Un collaboratore di McCain prima dell’intervento aveva previsto: "Questa notte lo farà a pezzi". Biden ha rispettato il copione. "Bush e McCain ci hanno portato in un burrone", ha detto. Non è un caso sia stato introdotto alla platea dalla colonna sonora di Rocky. "In tempi come questi - ha continuato - ci serve più che un buon soldato, ci serve un vero leader, un leader che sia in grado di cambiare il Paese. Barack Obama lo farà". McCain, il candidato repubblicano, è un veterano della guerra in Vietnam e un eroe di guerra.

Il binomio Biden e McCain "John è un mio amico, ci conosciamo da trent’anni. Abbiamo girato il mondo insieme, la nostra amicizia va oltre la politica. Il suo coraggio personale non manca di stupirmi. Ma la direzione nella quale vuole portare il Paese non mi piace". Parla di "fallimenti abissali" dei repubblicani, Biden, nella gestione dell’economia, in Iraq, in Afghanistan, in Iran, nei Balcani. McCain come Bush: il terzo atto dello stesso dramma. E come prima di lui aveva fatto Clinton, Biden ha difeso le credenziali di Obama: "Milioni di americani sono finiti al tappeto durante la presidenza Bush e in questo momento gli americani, insieme, devono rialzare la testa. Questi sono tempi straordinari. E quelle di novembre sono elezioni di eccezionale importanza. Barack Obama è pronto. Questo è il suo momento, il suo tempo. Con lui l’America si rialza in piedi". Lui, l’eroe del giorno, finalmente riassorbito appieno nel partito, è irritualmente salito sul palco a farsi celebrare.

Stasera il discorso di Barack Questa sera, il primo candidato presidente nero d’American

parlerà all’Invesco Filed. Sono stati venduti o distribuiti 75mila biglietti. Sarà il quarantacinquesimo anniversario del discorso "I Have a Dream" di Martin Luther King. Si prepara un’apoteosi. Anche grazie ai Clinton.

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