Il derby delle civiltà

L’iniziativa del Giornale che riunisce due smisurate civiltà - la greca e la romana - in un’unica collana storica di grande valore è anche occasione per confrontare due mondi e due culture non troppo lontane l’una dall’altra, né geograficamente, né spiritualmente, ma certo pervase da sostanziali differenze. È ciò che abbiamo fatto in questa pagina, dove la prima metà campo è occupata - con leggerezza apollinea - dalla Grecia, con il suo culto della luce (che per gli ateniesi era quasi un assoluto), della filosofia e della giustizia, culto che non evitò la morte di Socrate, ma che ancora oggi ci suggerisce la dimensione ideale della condizione umana, poggiandola sull’armonia e l’equilibrio. Nella seconda metà campo, invece, Roma ci propone la sua saggia concretezza nell’agire e nel legiferare, nell’espandersi come nel trattare i nemici, e la sua passione - forse dionisiaca senza saperlo - per il potere, la realtà esteriore, la costruzione fattiva, quasi rigorosa, di una civiltà che si desidera grande e orgogliosa fin dalla fondazione.

Era però inevitabile che queste due anime nello stesso petto mediterraneo dovessero fecondarsi a vicenda: «Graecia capta ferum victorem cepit», scriverà Orazio: la Grecia conquistata conquistò il vincitore. Più che uno scontro di civiltà, una storia d’amore.

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