Deutschland über alles, la Germania sopra tutti, fu abbandonato molti anni fa come inno nazionale tedesco per ragioni di opportunità, mentre la Repubblica federale riprendeva faticosamente il suo posto nel consesso delle nazioni dopo la seconda guerra mondiale. Oggi sembra venuto il momento di resuscitarlo. Mai come in questo momento, infatti, la nuova Germania ha dominato la scena europea: è l’unica «grande» della Ue con i conti pubblici a posto, un’economia ancora prospera, un mercato del lavoro flessibile, imprese piene di soldi e una disoccupazione intorno al 7% e in calo. Ma, soprattutto, è l’arbitra delle sorti dell’euro, che può salvare accettando di fornire un maggiore aiuto finanziario - diretto o indiretto - ai Paesi in difficoltà, o colare a picco stringendo troppo i cordoni della borsa.
In altre parole, enormi responsabilità pesano sulle spalle della cancelliera Merkel, dilaniata tra la necessità di intervenire a favore della moneta unica e l’ostilità della maggioranza dei suoi elettori ad affrontare altri sacrifici per i «cattivi» greci, spagnoli e italiani (e forse presto francesi) che troppo a lungo hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi. Fino adesso la signora ha sempre accettato di intervenire solo alla ventitreesima ora, con il risultato di aggravare la situazione, appesantire i costi e di mantenere i mercati in una perniciosa incertezza. Ieri, al Bundestag, ha continuato a dare un colpo al cerchio e uno alla botte: ha, per l’ennesima volta, detto di no alla emissione di Eurobond, con l’argomento che «una socializzazione dei debiti sovrani non rappresenta la soluzione del problema», e ha detto un no altrettanto deciso alla trasformazione della Banca Centrale Europea in una specie di Federal Reserve della Ue, con licenza di stampare moneta per venire in soccorso dei Paesi troppo indebitati o delle banche che finissero nei guai. Prima di adottare queste misure estreme - è il parere del governo tedesco - bisogna modificare i trattati, creare un direttorio politico capace di sovrintendere alla politica economico-finanziaria dei 17, che in ultima analisi costringerebbe tutti ad adottare il modello tedesco: se vogliamo, un rilancio del federalismo, ma in chiave strettamente teutonica, per consentire al Paese dominante di controllare i conti degli altri. Purtroppo si tratta di una operazione estremamente complessa, che potrebbe richiedere anni di negoziati e incontrare una infinità di ostacoli al momento delle ratifiche. La storia della abortita Costituzione europea insegna. E intanto l’euro avrebbe tutto il tempo di andare a fondo.
Il parere dei tedeschi, che condiziona le decisioni della cancelliera, è che la Germania ha già compiuto un grosso sacrificio rinunciando al marco e che ha già speso centinaia di miliardi per cercare di arginare la crisi. Ora tocca ai Paesi responsabili della deriva porvi rimedio, adottando misure draconiane. Per questo l’avvento di Racoj in Spagna a Madrid è stato salutato a Berlino come un passo avanti. Ma la tattica attendista potrebbe alla fine ritorcersi contro gli stessi tedeschi. Metà del Pil della Germania è prodotto dalle esportazioni, e se i Paesi in difficoltà, strangolati dall’austerità, dovessero entrare in recessione le industrie tedesche ne risentirebbero immediatamente. Qualche avvisaglia si è già avuta nelle scorse settimane, che hanno visto la produzione industriale calare del 2,7% e gli ordini dagli altri Paesi Ue addirittura del 12,1: la crescita, che è stata quasi del 3% nel 2011, scenderà allo 0,9 l’anno venturo. Per adesso i cittadini non ne risentono e il governo, forte dei risultati conseguiti, si appresta a diminuire leggermente anche la pressione fiscale. Ma se l’euro naufragasse, con tutti gli sconquassi relativi, la fase di vacche grasse potrebbe presto finire.
Se la signora Merkel, nota per la sua prudenza più che per il suo decisionismo, finirà col cedere alla pressioni che le vengono da tutte le parti, o eviterà di sfidare la sua opinione pubblica anche in vista delle elezioni del 2013 (è in calo di popolarità) resta da vedere. Deutschland è davvero di nuovo über alles: auguriamoci che, per una volta, usi saggiamente il suo immenso potere.
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