Dieci omicidi invisibili in due anni C’è un serial killer in camice bianco

RomaUn’unica mano dietro una lunga catena di delitti. L’ombra di un serial killer si allunga sulla capitale.
La squadra «cold case» della III sezione omicidi della mobile romana sta indagando su una decina di omicidi irrisolti commessi da un assassino meticoloso che agisce in ambito sanitario e che sarebbe riuscito a uccidere diverse volte nel giro di due anni.
Fino a qualche settimana fa era stato talmente scaltro da riuscire a passare inosservato, in quanto i decessi erano stati archiviati come morti naturali o complicanze in seguito a malattia o incidenti domestici. Ma i quattro investigatori della «cold case», creata alla fine del 2007 dal capo della mobile Vittorio Rizzi per lavorare sui fascicoli dimenticati e sui delitti irrisolti commessi a partire dal 1997, hanno trovato un unico filo conduttore che lega questi dieci casi. Dopo aver studiato per giorni queste morti hanno scoperto che tutte hanno in comune il luogo, la dinamica e l’età. Persone anziane. Inoltre i delitti sarebbero avvenuti in strutture sanitarie, dove gli anziani venivano ricoverati. A supportare gli agenti, la biologia forense e le nuove tecniche investigative e scientifiche che hanno permesso alla fine alla squadra di raggruppare i decessi in un unico faldone, già inviato alla magistratura.
Sull’assassino, per ora, c’è il più stretto riserbo. Ma fonti ufficiose rivelano che è stato già individuato e messo in condizioni di non nuocere. Per la comunità, quindi, non ci sarebbe pericolo e non esisterebbe alcun allarme sociale, perché il «killer invisibile» sarebbe sotto controllo e la minaccia sarebbe stata disattivata. Si tratterebbe di una sorta di «angelo della morte», che negli ultimi due anni è intervenuto accelerando la fine di anziani e malati terminali.
Alla memoria torna la vicenda dell’«infermiere di Satana», al secolo Alfonso De Martino che nel 1995 venne condannato all’ergastolo perché accusato di aver provocato la morte di quattro pazienti dell’ospedale di Albano: invece di occuparsene li aveva uccisi con micidiali flebo al curaro, in nome del Maligno di cui era seguace. Nel 2004, invece, a Lecco venne arrestata Sonia Caleffi, un’infermiera di 34 anni, che prestava servizio all’ospedale Alessandro Manzoni e che confessò di aver provocato la fine di cinque o sei pazienti per embolia. Si trattava di persone anziane, gravemente ammalate o in fase preterminale, fatte fuori solamente perché la donna voleva attirare l’attenzione su di sé.
Anche questo nuovo «angelo della morte», tutto romano, ha le ore contate. Così la squadra «cold case» si prepara a raccogliere il quinto successo. Il primo omicidio risolto è stato quello di Maria Scarfò, la barista del Quadraro, che nel 2000 fu rapita, violentata e uccisa. Sette anni dopo fu arrestato Sabatino D’Alfonso, detenuto in permesso premio che aveva, con le stesse modalità, sequestrato e tentato di violentare alcune ragazze. Ben 14 anni dopo l’omicidio finì invece in cella l’assassino di Liliana Grimaldi, insegnante di musica di 74 anni, strangolata in casa. Era un nomade incastrato dalle impronte e da alcune rapine seriali. Risolto anche il giallo della scomparsa nel 2001 dell’infermiera Maria Teresa Dell’Unto. Dopo 8 anni finì in cella Angelo Stazzi, un collega che l’aveva fatta fuori per un debito.

Mentre nel 2008 venne arrestato il killer di Gianluca Pes, guardia giurata, freddata nel garage della sua abitazione nel 2004 da un pregiudicato di Benevento, anche lui incastrato dalla serialità con cui metteva a segno le rapine.

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