La difesa di Contrada al Guardasigilli: «Pm scorretto, il processo va rifatto»

L'avvocato Lipera ha scritto una lettera al ministro di Giustizia per contestare il «no» alla revisione del dibattimento disposto dalla Cassazione: «Ci sono state anomalie e omissioni. E bisogna indagare sul perché Ingroia non depositò i verbali di Scarantino»

La difesa di Bruno Contrada tenta il tutto per tutto. E dopo i «no» incassati sulle richieste di revisione del processo all'ex 007 - condannato in via definitiva a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa e attualmente detenuto a casa per gravi problemi di salute - si rivolge direttamente al ministro di Giustizia, Francesco Nitto Palma, per denunciare le numerose anomalie che, a suo dire, costellano questa vicenda giudiziaria. E non solo. Sì, perché nella missiva l'avvocato Giuseppe Lipera punta l'indice sulla vicenda su cui ha puntato l'ultima richiesta di revisione, il mancato deposito, da parte del pm di Palermo Antonio Ingroia, dei verbali del falso pentito Vincenzo Scarantino. Una vicenda giudiziariamente chiusa - i giudici hanno sancito che il comportamento del magistrato è stato corretto - ma che per la difesa di Contrada merita ulteriori approfondimenti, specie alla luce di quello che sta venendo oggi alla luce su Scarantino, falso pentito che, secondo quanto sta emergendo dalle nuove indagini sulla strage di via D'Amelio, sarebbe stato imbeccato. Imbeccato sulla strage di via D'Amelio, e imbeccato, ipotizza l'avvocato Lipera, anche su Contrada, perché le false accuse (riconosciute come tali anche dal pm Ingroia che non ha neanche depositato i verbali, salvo poi raccontare questa storia in un suo libro) lanciate contro l'ex 007 erano comunque apparentemente precise e circostanziate. Troppo circostanziate per essere farina del sacco di Scarantino.
«Non ci si può non domandare - scrive nella lettera al Guardasigilli l'avvocato Lipera, ripercorrendo nel dettaglio tutta la vicenda Scarantino - per quale ragione il dottor Ingroia non avesse voluto approfondire proprio questo rilevante aspetto della vicenda, né avesse inserito il verbale di interrogatorio agli atti del processo unitamente alle successive indagini di Polizia giudiziaria, in modo che la sua difesa potesse utilizzare tutti gli strumenti utili nel modo ritenuto più opportuno, nel rispetto del principio del contraddittorio».
Secondo la difesa di Contrada il mancato deposito ha comunque creato danni all'ex funzionario del Sisde: «Eccome se avrebbe fatto la differenza l'acquisizione agli atti del verbale d'interrogatorio di Scarantino. Nel precario equilibrio fatto di propalazioni di pentiti, di inconsistenti imputazioni, la circostanza avrebbe potuto davvero rappresentare quell'elemento di novità in grado di determinare una vera e propria rivoluzione copernicana nel processo Contrada. E poi la difesa del Dott. Contrada avrebbe scandagliato le dichiarazioni del pentito e cercato tutti i collegamenti possibili tra Scarantino e gli altri collaboratori, attivandosi in ogni modo possibile per cercare di scoprire perché Scarantino lo aveva calunniato? Come faceva a conoscere fatti tanto precisi e minuziosi su di lui? Fatti che non poteva conoscere... È questa la domanda fondamentale, la ragione più profonda dell'esposto!» .
Domanda che, senza l'eventuale intervento del ministro di Giustizia, rischia di rimanere senza risposta, dal momento che la difesa non ha più la possibilità di presentare un ricorso formale su questa storia.

Lipera lamenta anche il «no» oppostogli dalla Cassazione alla richiesta di conoscere gli atti che hanno portato la Suprema corte a respingere l'esposto. E proprio su questo chiede che il Guardasigilli faccia sentire la propria voce.

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