La difesa: mancano piste ciclabili

da Milano

«È vero, i ciclisti vanno sul marciapiede: ma lo fanno perché, altrimenti, rischierebbero la vita, in mezzo alla strada. E questo vale sia per le viuzze nei centri cittadini, sia per i viali a quattro corsie, pensati soltanto per le automobili, dove non c’è uno spazio sicuro per chi viaggia in bicicletta». Per Lello Sforza, portavoce della Fiab, la Federazione italiana amici della bicicletta, non c’è dubbio che qualche amante delle due ruote sia davvero un po’ maleducato, ma il problema non è certo di indisciplina, almeno in Italia: «Il punto è che mancano le piste ciclabili: senza pensare al record europeo rappresentato dalla Germania, dove la rete ciclabile è pari al 16% di quella stradale, per l’Italia il paragone non regge neppure con la media continentale, che è solo del 5%. Noi, qui, siamo sotto zero, a parte qualche rara eccezione, come il comune di Ferrara o quello di Lodi che, recentemente ha varato un piano per creare una rete ciclabile superiore a quella stradale. Ma, in tutto, le città sensibili alle esigenze dei ciclisti saranno una cinquantina in tutta la penisola».
Insomma, è solo colpa delle strade pericolose? «È importante capire il ruolo da assegnare alla bici che, secondo il Codice, è un veicolo a tutti gli effetti e, proprio per questo, sono previste le piste e una segnaletica precisa. Ma tutto questo, nel nostro Paese, è praticamente assente. E poi bisogna anche dare a certi comportamenti il giusto peso: il cittadino è maleducato per natura, non solo il ciclista». Eppure quest’ultimo, almeno secondo l’immaginario comune, dovrebbe essere rispettoso e responsabile... «Guida contromano, fa la “gimcana” fra le auto? È vero, non è corretto ma, in concreto, non si fa nulla per impedirlo, anche i programmi di educazione stradale sono pensati soltanto per automobilisti e motociclisti. In Svizzera i ragazzi imparano come si va in bicicletta, perché è considerata un mezzo di trasporto intelligente, a Lione le organizzazioni ciclistiche tengono lezioni a scuola. Qui ci si interessa dei ciclisti quando c’è il Giro d’Italia, ma dell’uso quotidiano e turistico della bici non importa a nessuno».

Le multe, però, sono quasi inesistenti: «Sì, c’è tolleranza - ammette Sforza - ma siamo una percentuale talmente piccola della popolazione che, alla fine, non diamo poi così fastidio. E poi i vigili sono già troppo impegnati con le automobili».

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