Diliberto provoca: la caserma Usa a Vicenza non si farà

Dopo il corteo di sabato il segretario comunista prova a mettere all’angolo il governo. «Ci sono margini per evitare la costruzione della base di Vicenza». Afghanistan: domani D’Alema in aula. Il ministro prova a disinnescare Giordano

Diliberto provoca: la caserma Usa a Vicenza non si farà

Roma - C’è già chi la definisce la madre di tutte le battaglie parlamentari, forse sottovalutando la capacità di compromesso che la sinistra radicale, al di là dei proclami, è sempre riuscita a produrre. Fatto sta che Massimo D’Alema domani affronterà la sua prova parlamentare più dura, ovvero l’illustrazione delle linee della politica estera italiana alla vigilia del voto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan. Una strettoia apparentemente proibitiva, anche alla luce della pressione esercitata dalla manifestazione antiamericana andata in scena sabato scorso.
Dalla sinistra radicale si leva un coro unanime: «Un governo di centrosinistra non può calpestare il parere di una popolazione», afferma il ministro Prc Paolo Ferrero. Sulla stessa frequenza il segretario di Rifondazione, Franco Giordano: «È utile che il governo avvii un confronto con coloro che hanno promosso la manifestazione. Ripeto l’invito al premier, vada ad ascoltare le ragioni di chi ha manifestato». Ancor più netto Alfonso Pecoraro Scanio: «Il presidente del Consiglio ora non può far finta di nulla perché a Vicenza c’era tutto il centrosinistra». Per il ministro dei Trasporti, il Pdci Alessandro Bianchi, «fare il referendum è la cosa più assennata». Il segretario del suo partito, Oliviero Diliberto, si è spinto oltre. Provocato dal direttore del Giornale Maurizio Belpietro nel corso di Porta a porta, ha ribadito che si possono bloccare i lavori di ampliamento. «Ci sono i margini - ha affermato - per trattare sulla costruzione della base. Il confronto ancora aperto è sulla base sì oppure sulla base no». Di diverso avviso il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro secondo il quale «oggetto del referendum possono essere le modalità di realizzazione dell’infrastruttura».
Il governo, insomma, per il momento mantiene la barra dritta. Ma spera che i piccoli spiragli e le voci che circolano sulla possibilità che gli Stati Uniti facciano parziale retromarcia, rivedendo i criteri del raddoppio della base militare Dal Molin, possano diventare un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi. «Risulta agli atti - spiega il sottosegretario agli Esteri, Bobo Craxi - che un passo per verificare la possibilità di una modifica della locazione della base militare di Vicenza sia già stato compiuto da D’Alema». Ma è stato l’ex ministro della Difesa, Antonio Martino, a denunciare il rimpallo di responsabilità del centrosinistra. «Il governo Berlusconi - ha detto - non ha mai preso accordi per l’ampliamento della base Usa a Vicenza. Su questo Romano Prodi ha mentito». Il titolare della Farnesina - che nella giornata di ieri ha avuto un colloquio telefonico con Giordano per disinnescare possibili pericoli - comunque, consumerà un passo verso la sinistra radicale. E nell’intervento al Senato proporrà una conferenza di pace sull’Afghanistan.
L’opposizione affila le armi. Silvio Berlusconi denuncia chiaramente il carattere antiamericano della manifestazione vicentina. «C’è qualcuno davvero disposto a credere che si tratti solo di un problema urbanistico e ambientale? Le tendenze antiamericane ormai dettano la linea del governo». E se il leader di An Gianfranco Fini avverte: «Il corteo di Vicenza può aiutare l’eversione, la sinistra massimalista è cinica, sfila in piazza ma poi in aula vota sì», per il segretario Udc Cesa «se Prodi il 21 non disporrà in Parlamento di una maggioranza, non potrà che prenderne atto e dimettersi». Il centrodestra, nel frattempo, prepara anche la sua strategia parlamentare. E il leghista Roberto Calderoli tenta il bis, depositando a palazzo Madama una mozione a sostegno delle comunicazioni sulla politica estera di D’Alema.

Obiettivo neanche troppo velato: mettere in difficoltà la maggioranza con una nuova imboscata, ripetendo il risultato ottenuto in occasione delle comunicazioni di Parisi sulla base di Vicenza quando governo e Unione finirono battuti.

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