Disfida Generali, Mediobanca guarda al dopo Bernheim

Geronzi: «Vorrei un presidente esecutivo». Oggi l’incontro alle nozze della figlia del banchiere

da Milano

Mediobanca tenta la spallata al presidente delle Generali, Antoine Bernheim, già duramente criticato dal fondo speculativo britannico Algebris. Piazzetta Cuccia, che con il 15% è il primo socio di Trieste, ragionava da tempo su come migliorare la governance, ma ieri il presidente del consiglio di sorveglianza Cesare Geronzi ha aperto ufficialmente la partita per la successione al banchiere francese. «Auspico che si possa affermare una forte presidenza esecutiva», ha affondato il colpo Geronzi in una lunga intervista al direttore del Sole 24 Ore, Ferruccio de Bortoli. Malgrado il mandato del consiglio di Generali scada nell’aprile 2010, le pur garbate parole del banchiere romano paiono un invito agli altri grandi soci del colosso assicurativo a iniziare il conto alla rovescia. Tanto che la merchant bank, dove Trieste appare un problema «vivo», propone di affidare il Leone a una presidenza forte sul modello di Cesare Merzagora o di Enrico Randone.
Una figura carismatica e dalle deleghe più estese rispetto a quelle oggi nelle mani di Bernheim. Da inserire con ogni probabilità in un più ampio sfoltimento dell’attuale assetto di comando di Trieste, rivedendo la diarchia di Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot alle leve operative.
«Non ho letto i giornali. Dovrò comprarli», ha replicato Bernheim che oggi parteciperà al matrimonio della figlia del banchiere romano. Bernheim, da sempre apprezzato dal presidente di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli, aveva adombrato dalle colonne di Le Monde l’esistenza di un complotto da parte degli investitori italiani. La tesi dell’intrigo è stata respinta sia da Geronzi sia dal presidente di Banca Esperia, Stefano Preda («Siamo noi che andiamo a cercare Serra»). In Piazzetta Cuccia si auspica però che sia lo stesso francese a disporre della propria eredità: «Sarà un problema trovare un personaggio alla sua altezza», ha aggiunto Geronzi rendendo da un lato l’onore delle armi, dall’altro dettando il new deal di Mediobanca sulle proprie partecipate strategiche. Dovranno essere realtà «che si misurano col mercato, per essere giudicate solo sui risultati». L’analisi è simile a quella con cui Algebris ha attaccato la scarsa redditività di Generali e sta cercando di associare altri istituzionali alla propria causa. «Sono favorevole» agli hedge fund e «anche ai fondi sovrani» ha rimarcato Geronzi aprendo all’ingresso del fondo di Dubai sia in Mediobanca sia in Generali magari con il 2-3 per cento.
Quasi conclusi, intanto, i lavori per collocare il 9,3% di Mediobanca che Unicredit deve cedere: manca il prezzo, ma Piazza Cordusio ha stretto i tempi inviando le modalità del riassetto ad Antonio Catricalà.

Compreso il bond covertibile con cui Piazzetta Cuccia smonterà l’incrocio azionario con Mediolanum permettendo la salita di Ennio Doris insieme a Popolare Vicenza, Benetton, Fininvest, e Sal Oppenheim. A metà mese il patto per la ripartizione.

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