Il dissidente di Arcipelago Gulag che infranse la Cortina di ferro

Aleksander Solgenitsin, il dissidente russo che denunciò al mondo il dramma dei gulag staliniani, è morto ieri sera nella sua casa a Mosca. Aveva 89 anni. Si è spento alle 23.45, le 21.45 in Italia, per un arresto cardiaco. La notizia è stata diffusa due ore più tardi dal figlio Stepan. Premio Nobel per la letteratura nel 1970, Solgenitsin tolse il velo che copriva le violenze del regime sovietico davanti al mondo con un’opera monumentale, «Arcipelago Gulag, saggio di inchiesta narrativa», romanzo-fiume autobiografico, diario del suo viaggio nei campi di concentramento staliniani. Solgenitsin nacque a Kislovodsk, sulle pendici settentrionali del Caucaso, nel 1918. Durante la Seconda guerra mondiale si arruolò nell’Armata Rossa guadagnandosi un’onorificenza. Ma nel febbraio 1945 fu arrestato per aver inviato una lettera a un amico, poi intercettata, in cui criticava Stalin. Così iniziò il lungo viaggio da una prigione all’altra che divenne il centro della sua opera letteraria. Nel ’74 fu espulso dall’Urss.

Si trasferì in Svizzera e, nel ’76, negli Stati Uniti, dove visse in un piccolo comune del Vermont. Dopo il crollo del regime, nel ’94, tornò in patria. Da allora visse in una dacia a nord di Mosca, dove il 2 giugno dell’anno scorso era stato a trovarlo il presidente Putin, per consegnargli l’ultima onorificenza.

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