Una domanda al liberale Martino

Sandro Bondi*

L’Italia sembra destinata a rimanere congelata nelle secche della «sindrome di Porta Pia» che, a ben guardare, non riguarda soltanto le baruffe fra sedicenti «laici» e cattolici definiti a bella posta «integralisti», ma va ben più in profondità. Si tratta, in realtà, di una sorta di malattia spirituale, che depotenzia e svuota il pensiero. Il ministro Martino, in un’intervista sulla fecondazione assistita, fornisce una prova quantomai evidente di questa deriva laicista. È necessario riprendere la riflessione con uno sguardo più profondo e radicale, e considerando i grandi mutamenti della tarda modernità, che hanno spinto autori schiettamente agnostici e laici come Habermas e Jonas a ridefinire il concetto stesso di «laicità».
Il mondo è cambiato, gli steccati fra laici e cattolici su materie fondamentali come la difesa della vita sono del tutto anacronistici e, quando si esprimono giudizi privi di dubbi, in realtà è la disponibilità al confronto a venir meno. Veniamo dunque ai punti decisivi sui quali aprire un confronto serrato e serio. Martino sembra non aver còlto l'importanza di una legge come quella sulla fecondazione assistita, che viene apprezzata trasversalmente da scienziati credenti e non credenti. Ancora una volta cito il professor Vescovi come esempio di lungimiranza e di serietà critica, nonostante il suo dichiarato agnosticismo.
Non è vero che, con questa legge, vengano meno «il comportamento, cosciente e responsabile degli italiani», addirittura il «senso di responsabilità» individuale del cittadino. E perché mai? Cos'è infatti la coscienza? Non è certamente la «zona franca» delle azioni individuali, una sorta di permanente laisser faire analogo a una visione stereotipata di mercato tipica dei libertari americani e nostrani. Non c'è coscienza responsabile senza la relazione tra due fattori, da un lato, la verità che l'individuo riesce a percepire, secondo il proprio livello di maturità e capacità; dall'altro, la risposta adeguata al problema e alla circostanza emergenti. La parola «responsabilità» deriva infatti dal concetto di «risposta» e dunque di libertà responsabile, capace di risposta. Dunque, nel nostro caso, la fecondazione assistita, se viene emanata una legge che regola, seppur imperfettamente, una situazione ritenuta appunto non perfetta, perché mai la coscienza individuale dovrebbe risentirne in qualche modo?
È l'esatto contrario. La coscienza responsabile viene aiutata dalla legge a discernere meglio e a prendere posizione. Si prende posizione, com'è logico, su un dato reale e acquisito, non sulla base di un assunto aprioristico e quindi ideologico. Questa concezione è assolutamente liberale, proviene da Tocqueville, si snoda ed articola con Hayek, si declina con Acton. Ma stiamo parlando di liberali, non di libertari individualisti. Cominciamo dunque a fare chiarezza anche nella nostra stessa area politica. Costruire il Partito Popolare e Liberalpopolare equivale, prima di tutto, a capire che il liberalismo non civetta con il libertinismo etico, anzi si situa agli antipodi di questa ideologia. Equiparare la fecondazione all'adulterio è un cedimento a un pensiero libertario e individualistico. Come possono essere equiparate realtà del tutto differenti e di valore morale oggettivo del tutto differenti?
Se è vero, infatti, che la legge 40 non ammette la fecondazione eterologa, è altresì vero che essa non è un atto che contravvenga al patto coniugale in quanto tale, anzi si tratta da un certo punto di vista di un atto d'amore, non di un atto che spezzi un patto di alleanza e di affezione coniugale fra un uomo e una donna, come l'adulterio. Siamo nel campo della legge naturale, non dell'etica cattolica, tanto per esser chiari. Se si tutela l'embrione, inoltre, ciò non significa né che l'aborto sia una cosa buona, né che debba essere cancellata una legge dello Stato. Significa casomai che la coscienza individuale percepisce che, tutelando l'embrione, si difende la vita e che, d'altra parte, questa tutela non può essere affermata a detrimento di una legge dello Stato, come la 94 sull'aborto, perché ciò risulterebbe contrario alla prassi giuridica dello Stato di diritto. Ma queste cose un liberale - non un libertario - dovrebbe saperle.
In ultimo, la chicca finale: «La legge non impedirà mai atti di capitalismo consenziente fra adulti consenzienti». E ciò viene affermato rispetto al possibile riconoscimento delle coppie di fatto. Anche qui, un'«insalata» di argomenti e di parole, che confondono i lettori e francamente anche i cittadini in genere. La categoria di «capitalismo consenziente» è la riprova dell'applicazione di pensieri economicistici in ambiti che non possono riguardare la coscienza responsabile, e torniamo così all'argomento forte esposto in precedenza. Se proprio Martino si appella alla coscienza, seppur in modo errato, come può poi introdurre surrettiziamente economicismi inadeguati a descrivere lo spazio di esperienza delle singole persone? In realtà, questa singolare etica di Martino si rivela un'etica senza razionalità, assai vicina all'«individuo libertario», sradicato e privo di senso di responsabilità, che gran parte della sinistra trova consanguineo.

Singolare convergenza: i libertari, alla fine, si ricongiungono, anche trasversalmente. Ma una domanda rimane sullo sfondo, ancora inevasa dai libertari: con questa concezione, quale tipo di società edifichiamo?
* Coordinatore di Forza Italia

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