Nessuno dei ben dieci partiti che secondo i sondaggi riusciranno ad approdare al Parlamento di Atene osa proporlo apertamente, ma è proprio il ritorno della dracma al posto delleuro il tema non dichiarato su cui la politica greca sarà chiamata a misurarsi già il giorno dopo la proclamazione dei risultati delle elezioni di domani. Una prospettiva che probabilmente si aprirebbe se vincesse il partito della protesta e del populismo, ovvero se non si riuscisse a fromare una maggioranza parlamentare in grado di sostenere la prosecuzione dei sacrifici richiesti dallUnione Europea per concedere alla stremata Grecia gli aiuti indispensabili per non crollare nella miseria e nel caos sociale.
Dalla Germania Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, fa la sua campagna elettorale a sostegno dei partiti schierati per il rispetto degli impegni sottoscritti da Atene. «Essere membri dellUe è una scelta volontaria» ricorda Schäuble con toni severi, pertanto se i greci decideranno di eleggere un governo non disposto a onorare gli accordi firmati con lEuropa «dovranno subirne le conseguenze». Finire cacciati dalleurozona, in altre parole, e forse anche dallUnione.
Un perentorio invito alla responsabilità che con linguaggio più morbido viene ribadito anche dai leader di Nuova Democrazia e del Pasok, i partiti conservatore e socialista che da storici avversari e protettori di contrapposte e fameliche coorti di clienti di una politica corrottissima rischiano di doversi presto trasformare in improbabili alleati salvatori della patria. Questo perché il «compromesso storico» appare sulla carta la più realistica coalizione di governo in grado di lasciare allopposizione i bellicosi populisti di destra e di sinistra che hanno come denominatore comune lodio per i finanzieri e gli «sfruttatori europei».
Così il leader socialista Evangelos Venizelos, che avrà lingrato compito di guidare un Pasok più che dimezzato dal 44% dei voti ottenuti tre anni fa al 18 che gli accreditano i sondaggi, promette agli elettori la fine di tagli e tasse ma li invita a «evitare il voto di protesta» che invece lo dissanguerà a favore di una sinistra estrema che come sempre e più di sempre promette ciò che non potrà mantenere. Mentre il suo ipotetico antagonista Antonis Samaras, che domenica sera si troverà alla testa di un partito con una debolissima maggioranza relativa, già sa che il bonus di 50 seggi che riceverà in base alla legge elettorale non gli basterà per governare da solo: pure lui si ritroverà labituale bacino di voti salassato e in buona parte raccolto dallex collega di partito Panos Kammenos, espulso per le sue radicali posizioni anti-Ue e ostili alle banche.
A Bruxelles, è facile capirlo, seguiranno il voto di domani in Grecia con il fiato sospeso.
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