Don Gnocchi beato, 50mila in piazza

La grande beatificazione finisce con la processione dell’urna di don Gnocchi, portata a spalla dai suoi alpini in mezzo ad una folla di 50mila fedeli e di fronte a 15mila piume nere che si alzano in piedi per salutare il loro eroe. Con la mano tesa che sfiora la falda del cappello e gli occhi pieni di lacrime che luccicano sotto un sole caldissimo che sembra quasi un miracolo. Seguono con lo sguardo la salma del loro «padre» e intonano il «Signore delle cime», una delle canzoni della tradizione per accompagnarlo anche in questo viaggio. È il momento più toccante della cerimonia, quello in cui si rompono i rituali e la commozione riempie la piazza. Donne, uomini, bambini. Scout, chierichetti, suore e mutilatini a cui il sacerdote milanese decise di dedicare la propria vita. Rappresentanti dell’istituto Gonzaga di cui don Gnocchi è stato direttore spirituale e tantissimi altri. Sono tutti lì in piedi davanti alla cattedrale, con le loro bandierine levate al cielo e i foulard avvolti al collo con scritto il motto di don Carlo: «Accanto alla vita, sempre».
Sono arrivati da ogni parte d’Italia, alcuni persino dall’estero, per rendere omaggio all’uomo che si è messo al servizio degli ultimi, dei più deboli e bisognosi e che ancora oggi riesce a riunire attorno a sé migliaia di fedeli. Pazienza se hanno dovuto attraversare il Paese intero, magari viaggiando di notte e al freddo. Pazienza. Lui l’avrebbe fatto per loro. È un gesto dovuto, di riconoscimento e di gratitudine. «Sono figure rare, dovranno passare secoli prima di averne altre così», sospira Margherita Liuzzi della provincia di Foggia. Guarda il viso di don Carlo ritratto sullo stendardo appeso alla facciata del Duomo che hanno scoperto al momento della beatificazione e sorridono, come se lui li stesse davvero osservando. Lo ha ricordato anche l’arcivescovo Tettamanzi nella sua omelia: «Don Carlo Gnocchi ha consumato la sua vita nella ricerca del volto di Cristo impresso nel volto di ogni uomo, nella convinzione che solo la carità poteva e può salvare il mondo». Proprio così, una carità «che tende le mani alla giustizia. E noi possiamo continuare la sua opera chiedendo oggi alla giustizia di tendere le mani alla carità». Lo ripete il sindaco, Letizia Moratti: «Quello di don Gnocchi è un esempio straordinario di carità. Ha dato tutto se stesso agli altri, in guerra e poi in favore dei mutilatini fino al gesto estremo di donare le cornee prima ancora che in Italia vi fosse la legge per la donazione degli organi». Emozionato il governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, parla di «una giornata bellissima, commovente. Una piazza strapiena e partecipe. Don Gnocchi esprime l’animo dei lombardi credenti e partecipi». E il presidente della Provincia, Guido Podestà si offre di assegnare il premio Isimbardi alle due persone, ieri presenti, che hanno ricevuto le cornee del prete.
Sono le 12 in punto, la piazza intera si volta verso il grande schermo dove il Papa, in collegamento da Roma, sta recitando la preghiera dell’Angelus.

Rivolge un saluto a Milano, all’arcivescovo Tettamanzi e alla folla dei fedeli ricordando l’operato di don Gnocchi, si rallegra con l’intera chiesa ambrosiana per questo giorno di festa e conclude: «Faccio mio il motto di questa beatificazione: “Accanto alla vita, sempre”».

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