Cultura e Spettacoli

Donne segate e sparatorie pulp Il giallo diventa rosso sangue

C’era una volta il thriller psicologico, adesso regna l’efferatezza. Ma a Courmayeur s’è visto anche qualche film di buon livello

Donne segate e sparatorie pulp 
Il giallo diventa rosso sangue

Courmayeur - C’era una volta il noir (con la minuscola), inteso come genere. Era, per capirci, il cinema di Jean Gabin e Lino Ventura, dove il senso dell’onore regolava i rapporti anche tra i gangster e il senso della misura limitava la violenza. Ora le leggi dello schermo (e del botteghino) sono decisamente cambiate: i pugni sul muso non procurano più ecchimosi e bernoccoli, ma devastanti ferite, da cui, che goduria, sgorga copioso il sangue. E le pallottole che trapassavano il cappotto chiaro di Pepé le Moco si sono trasformate in missili terra-aria capaci di sventrare due piedipiatti in un colpo solo. Avanti dunque col nuovo corso, di cui si fa autorevole portavoce il Noir (con la maiuscola), inteso come festival, che proprio quest’anno a Courmayeur compie i diciotto anni.

Ottimo pretesto, la maggiore età, per dar sfogo alle più truci efferatezze, alle più atroci violenze. Ne è un magnifico, si fa per dire, esemplare il film coreano The Casher di un esordiente dal nome ovviamente impronunciabile, per la cronaca Na Hong-Jin. È la storia di un giovane insospettabile serial killer di Seul che si diletta a reclutare avvenenti prostitute per poi inebriarsi sulle terrorizzate fanciulle in catena, colpendole con scalpello, martello e sega. Una delizia di cui il regista, con ammirevole altruismo, fa partecipe lo spettatore, grazie agli insistiti primi piani sulle ripetute mattanze. Camicia e occhialini del folle si colorano di rosso, per tacere delle pareti. Che meraviglia, che pacchia, questo sì è grande cinema.

Tecnicamente, va precisato Mr. Corea è un portento. Niente da dire. Ma perché tanto crudo sadismo, così gratuitamente sbandierato? Tanto vale intitolarlo Saw VI, invece di esaltarlo come un capolavoro. (La sceneggiatura è un colabrodo, con una polizia insopportabilmente idiota, un cinico pappone alla ricerca dei pezzi più pregiati della sua scuderia che diventa l’angelo custode della bimba di una squillo finita in un inspiegabile coma).

Da un continente all’altro la musica non cambia. Basta dare un’occhiata a Los Bastardos di produzione messicana, diretto dal ventinovenne spagnolo Amat Escalante, che ambienta la sua creatura nella periferia di Los Angeles. È un tipo in apparenza placido l’autore, se nel prologo si sofferma per cinque minuti buoni su due tizi che camminano verso lo spettatore. Con estrema calma. Poi, prima di entrare nel nocciolo del film, ci fa patire le pene dell’inferno: mezz’ora abbondante dove non succede niente. Roba da rimpiangere il sommo vate Antonioni, al suo confronto il re del cinema d’azione. Poi quando i due balordi scelti come protagonisti penetrano nella casa della vittima designata, una povera madre di famiglia di cui un invisibile marito vuole liberarsi, ecco la nuova esplosione di violenza. Per la verità più sotto pelle che esibita, che però culmina con una micidiale fucilata in faccia alla signora. Ridotta alla metà dopo il tremendo sparo da distanza ravvicinata, mostrato in tutta la sua brutalità.

Se il film coreano è comunque un prodotto di una certa qualità questo messicano è una colossale boiata, detto fuori dai denti. Ma allora com’è questo Noir in Festival? Più che passabile, tutto sommato. Con qualche perla sparsa qua e là. Come l’inglese The Bank Job dove si racconta la storia vera di una rapina a Baker Street nella Londra del 1971 con i servizi segreti decisi a recuperare le foto scottanti della principessa Margaret e l’americano Frozen River che denunciando lo sfruttamento dei lavoratori al confine tra Stati Uniti e Canada si sofferma sull’odissea di una madre coraggio, diventata contrabbandiera di manovali cinesi per amore dei figli. Ma anche lo spiritoso giallo-rosa francese Cash nella scia di uno sfrontato sfruttatore (il nuovo Belmondo, dicono, ovvero il sorridente Jean Dujardin) in cui la nostra Valeria Golino è una fascinosa pur se altamente improbabile poliziotta corrotta. Chissà se troveranno un distributore. Speriamo di sì.

Magari i due super violenti col divieto ai minori di cento anni.

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