Roma - Lui, che si definisce "ex ragazzo di Berlinguer" dice che la sua revisione privata l’ha fatta da molto tempo. Ora, spiega, una strada intitolata a Craxi è l’occasione per una revisione politica collettiva che tutta la sinistra deve fare. Peppino Caldarola, leader della minoranza riformista Ds spiega come un diessino può "riabilitare" l’ex leader Psi.
Davvero lei pensa che Craxi debba essere celebrato anche dal vostro partito?
«Sì. Credo che questa potrebbe essere l’occasione buona per riconsegnargli il suo posto fra i padri della sinistra riformista e socialista italiana».
Craxi è il simbolo della sinistra implicata in Mani pulite?
«Oggi il giudizio deve essere sereno: ebbe grandi intuizioni politiche, fu vittima di un accanimento giudiziario, divenne capro espiatorio di un intero sistema politico».
Lei condanna i fischi del Raphael...
«Furono anche fischi di destra, e non solo diessini. Ma furono sopratutto un errore madornale, un atto crudele e ingiustificabile».
E i conti cifrati, la Baggina, "i mariuoli"?
«Conosco e frequento Bobo, suo figlio, e posso testimoniare che lo stile di vita della famiglia Craxi è molto sobrio, non vedo i segni dell’arricchimento personale di cui si è favoleggiato».
Da quanto tempo lo pensa?
«Da tanto. Con Piero Sansonetti, durante la mia direzione, chiedemmo che tornasse in Italia con un salvacondotto umanitario. Non era una boutade».
C’è stata una guerra civile, a sinistra, inziata con i fischi a Berlinguer e la battaglia sulla scala mobile.
«Di quei fischi a Verona fui testimone, ero alle spalle di Berlinguer. Rimasi impressionato. Ma ora sappiamo, anche dai bei diari di Luciano Barca pubblicati da Rubettino, che Craxi in realtà non voleva la fine del Pci. Voleva cambiarlo, con mano dura, ma non era un nemico».
La base dei Ds lo percepisce ancora così.
«Molti dimenticano che al congresso Fassino disse che bisognava assumere la storia dei socialisti, da Turati a Craxi. Bene, adesso i tempi sono davvero maturi».
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