A Cassino ancora non lo sanno. Ma tocca a loro salvare lAmerica. Obama sta lì, lontano mille miglia, alto, bello, con le sorti del mondo sulle spalle e lo sguardo fisso a Detroit. Strizza un po gli occhi e guarda la capitale mondiale dellauto, milioni e milioni di fabbriche, pistoni, bielle, gomme, gommisti, autoricambi. Ma quello che vede è solo fallimento e rovine. Allora va oltre, cerca più in là, e tutto un popolo osserva, con unansia tachicardica, il suo presidente. E si chiede: chissà cosa sta pensando? Chissà cosa ha in mente questo grande uomo, quello del destino, per tirarci fuori dalla crisi, per salvare la Chrysler e la General Motors, le nostre auto grosse, spaziose, ruggenti, con i parafangoni pensanti, le mustang e il fordismo e questa cavolo di città dove si sta talmente male che i giornali non li vendono più, ma li regalano? Risposta.
Silenzio. Brevi sussurri. Obama guarda negli occhi tutto il suo popolo e dice: «Cassino». Cassino? Eh sì, Cassino. Whats Cassino? Seconda guerra mondiale, paisà, la linea Gustav e labbazia, le bombe, lamaro benedettino. E non solo Cassino, ma anche Pomigliano dArco, Mirafiori, Termoli, il Lingotto, Termini Imerese, lAlfasud, la Bravo, la Brava, l850 Special, il Fiorino, la Panda mille, quella quattro per quattro, Lama, Carniti, Benvenuto, la Palio, la Millecento, dribbla Causio e passa a Tardelli, la 600, la 600 multipla, la Multipla, lavvocato Agnelli, la marcia dei quarantamila, Torino, i terroni, Romiti e i metalmezzadri. La Uno, la Cinquecento, la Topolino amaranto. Insomma, la Fiat. E Fiat lux.
Sì, la Fiat, quella che doveva fallire, quella che chissà chi se la compra, quella che Torino ha perso lanima da quando Agnelli se ne è andato via. La Fiat utilitaria, con il cambio che va a doppietta, con le portiere che fanno strack e la 127 che sarà pure un trattore ma non la fermi neppure con un Cruise terra aria nel radiatore. Obama dice che in questa America a stracci, dove i macchinoni non si vendono più, cè bisogno di qualcuno che sappia farle piccole, belle e che consumino poco. Ecco, noi siamo perfetti. Ci siamo sorbiti lausterity, il petrolio che scende e la benzina che sale, le città senza parcheggio, le autostrade a una corsia e mezzo, canotti, braccioli, remi, ombrelloni, fornelletti da spiaggia, dodici chili di amatriciana, quattro persone più la nonna oversize in una vecchia Cinquecento. Meglio di noi neppure i giapponesi. Obama dice che lAmerica ha bisogno di nuove tecnologie. Perfetto. Finestrini che si alzano tranquillamente con le mani senza bisogno della manopola stranamente rotta, secchi per raccogliere lacqua che scende dallantenna, autoradio che prendono in qualsiasi punto delluniverso, da Katmandu a Roncobilaccio, invariabilmente Radio Maria, portapacchi a prova di ippopotamo, catene da neve così sofisticate che per montarle serve un corso di ingegneria di bricolage (avanzato), gomme e ammortizzatori sopravvissuti a tutte le buche, buche con acqua, crateri e orme preistoriche di dinosauri a cingoli. Nessuno, davvero, come noi. E Obama, luomo del destino, tutto questo lo sa. Ha studiato. Si è informato e ha pensato: in fondo questi ci hanno scoperti, ci hanno spiegato come si fanno i western e prendono lauto anche per andare al bar sotto casa. Ci salveranno. E, in fondo, come diceva il vecchio Henry Ford: giù il cappello, passa unAlfa.
A Cassino ancora non lo sanno.
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