E adesso chiamatelo mister semifinale «Non è uno spettacolo?»

Venti aprile, la prima in casa, dopo sette anni l’Inter torna in semifinale.
Cinque vittorie di fila in Europa, dopo il Kazan a San Siro, gol di Eto’o e Balotelli, il Chelsea sempre in casa, Milito e Cambiasso, ancora il Chelsea a Stamford Bridge, Eto’o, il Cska all’andata, Milito, vince anche sul sintetico. Gol di Sneijder infortunato immaginario che non doveva esserci. Mourinho per ora ha fatto fuori ucraini e inglesi, i russi c’hanno provato due volte, prima quelli di Kazan, poi addirittura l’esercito, niente da fare. Adesso dice che l’Inter d’Europa è un’altra squadra, la musica è cambiata, vuole andare in finale. Un vero bauscia direbbe che non se ne è neppure accorto, una passeggiata, infatti il presidente è rimasto in città, a Mosca è mancato il brivido e Mou non si era nemmeno coperto.
Il giochino è scarnificare l’avversario prima ancora di incrociarlo, metterlo sotto stress, di più, se Josè non si offende si potrebbe azzardare che tira a farsi odiare. Lui scava nelle loro anime, va col trapano sul nervo scoperto, ci si mette un attimo a perdere i contatti. Gli basta un gancio invisibile che gli faccia da volano e lui si appoggia e attacca, una data, un sintetico. Non ha trascurato niente, era pronto a spedire un cablo al presidente se avesse dimenticato qualcosa a Milano: dottore ho lasciato la mia biro preferita per gli appunti nel mio ufficio di Appiano, me la recapiti con il suo jet dove sa. E in campo quando ha deciso di buttare in mezzo Sulley Muntari, ha prima avuto l’accortezza di togliere Wesley Sneijder, non si sa mai, mancavano due minuti ma questa è metodologia, il particolare che fa la differenza.
Un profeta del nostro calcio passato gli ha detto che però è mancato lo spettacolo, Josè non gli ha risposto ma gli ha chiesto: «Andare in semifinale non è uno spettacolo?». E che a noi, al suo confronto, manca il senso del record, ammettiamolo. Stiamo lì a giocarcela. Sembra di sentirli i mugugni nei salotti: vabbè, l’Inter è in semifinale dopo sette anni, capirai. Sei minuti ed era già scesa una triste cappa di malinconia e disgusto nel cinquanta per cento delle nostre case. Quel ciondolone di Honda, giapponese finto biondo, non aveva trovato di meglio che allargare le gambe in barriera su innocua punizione di Wesley Sneijder ed ecco che a quel punto ai russi ne servivano tre. Dopo 12 minuti Leonid Slutsky stava già correggendo la squadra.
Adesso Stankovic, Cambiasso e Sneijder dicono che non ci sono limiti, guai a chi si frappone al grande sogno, c’è voglia di riprovarci, Ibra, Messi, Laporta, Guardiola, Xabi, Iniesta, Nou Camp. Josè a metà aprile è in testa a tutto, in Italia e fuori, e contemporaneamente rischia di finire a zero titoli, è il suo terreno preferito, il brivido gli mette gas, chi non capisce resti a casa, e non accenda neppure il video, sarebbe tempo sprecato. Adesso che ha raggiunto la semifinale di Champions con tre squadre diverse dice: «Voglio qualcosa di più». Chi ha più fame, Guardiola o lui?
Intanto si può sapere con esattezza a cosa sta pensando, sabato 10 aprile, 20.45 Firenze, file chilometriche davanti ai botteghini, stanno vendendo in contemporanea i biglietti per il campionato e il ritorno di Coppa Italia, si parla di settantamila persone fra sabato e martedì, siamo al delirio, è l’Inter di Mourinho, se qualcuno lo ha scordato è un peccato, se qualcuno spera che qualcosa si spezzi, anche: l’uomo lascerà una voragine.
Per fortuna verso sera poi Messi ha rimesso in pace gli animi, ha spaccato in due l’Arsenal, c’era già chi diceva che il portoghese aveva lo stesso fondo schiena di quel profeta che ha parlato di partita poco spettacolare.

Tranquilli, Josè voleva l’Arsenal ma preferisce il Barcellona, più gas, più ciccia, e sa già dove tirarli giù, e magari ci riesce. Intanto è fra le prime quattro d’Europa, non sarà uno spettacolo, ma se usciva fate due conti...

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