Cè chi studia la fattibilità della costruzione di piste ciclabili, chi tiene corsi di «psicologia della catastrofe» e chi tra ampolle e provette studia innovativi sistemi per rendere più buono il miele. Sono solo alcuni dei consulenti esterni in forza agli enti pubblici, persone assoldate per far fronte a compiti che da solo i 3 milioni e mezzo di dipendenti statali non riescono a svolgere.
Nel solo 2006 si sono occupati 260mila incarichi, ottenendo in cambio poco meno di 1,3 miliardi di euro. Numeri impressionanti, quelli pubblicati dal ministero della Funzione pubblica: numeri che però rappresentano meno della metà delle dimensioni reali del fenomeno. Il ministro Renato Brunetta ha stimato che il «monte consulenze» reale possa avvicinarsi a mezzo milione di incarichi, per un esborso delle casse delle Stato di 2 miliardi e mezzo di euro. «Il quadro corretto potremo averlo quando il restante 55 per cento delle amministrazioni ci comunicherà i dati delle loro consulenze esterne» ha dichiarato il ministro.
Chi non ha ancora risposto allordine partito da Palazzo Vidoni, chi non ha ancora aperto i propri schedari e portato a pubblica conoscenza lammontare speso per le collaborazioni esterne? La lista è lunga, e contiene un po di tutto: comuni, enti pubblici, province e amministrazioni giudiziarie. Addirittura cinque regioni: Piemonte, Liguria, Puglia, Molise e Sardegna. Quali che siano i motivi di questo ritardo, i governatori farebbero meglio a sbrigarsi e rispondere alle sollecitazioni di «trasparenza» che arrivano dal ministero, dato che «secondo la legge - ha sottolineato Brunetta - chi non comunica le consulenze non può stipularne di nuove lanno successivo. E visto che qui stiamo parlando di consulenze del 2006, questo vuol dire che alcune consulenze del 2007 sono illegittime». Forse è una questione di opportunità. In fondo a nessun presidente di regione deve essere cosa gradita far sapere di aver speso 192.889 euro per un «team animatrici di pari opportunità» come è successo in Campania, o di aver pagato una ditta 294.960 euro per un «monitoraggio dellerosione costiera e caratterizzazione qualiquantitativa dei sedimenti»; soprattutto quando la regione in questione è la Basilicata, che di chilometri di costa ne ha solo trentadue. Lavesse fatto la Puglia, forse potrebbe essere ancora accettabile. Ma non si può sapere, visto che la Puglia, di cui il governatore rosso Nichi Vendola magnifica «il trend di sviluppo economico» non ha ancora trasmesso i bilanci delle consulenze. Per ora sappiamo solo che il governatore paga come consiglieri esterni quattro persone, con stipendi annuali che vanno dai 60mila agli 84mila euro. Non che scorrere i dati pubblicati dallo staff di Brunetta risponda a tutte le domande sulla gestione dei soldi pubblici. La regione Calabria per esempio ha trasmesso al ministero una lista di dati quantomeno «incompleta»: 15 voci, in cui sono citati solo nomi e cognomi dei beneficiari, e i rispettivi compensi. Compensi per cosa? Non è dato saperlo. Così come il mistero regna sovrano sugli incarichi affidati a dodici consulenti della regione Lazio, pagati nel 2006 con un minimo di 12.500 euro a un massimo di 50mila.
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