
Le impronte non parlano. Il Dna non c’è o non è più leggibile. La nuova indagine sul delitto di Garlasco rischia di andare a sbattere contro un muro. Quello del tempo che è passato e rende difficilissimo estrarre nuove prove. Dal cantiere dell’incidente probatorio affiorano robuste indiscrezioni che sembrano spegnere le chance di riapertura del caso. O meglio, il caso è stato riproposto davanti alla corte d’assise del popolo televisivo italiano, ma al momento la verità sembra quella di prima. Il colpevole è Alberto Stasi che proprio nelle scorse ore vince un round insidioso: la Cassazione conferma per lui la semilibertà e respinge il tentativo di rispedirlo in cella senza benefici. Benissimo, Stasi può cominciare a immaginare un futuro oltre le sbarre, quando avrà finito di espiare la pena.
Ma il grande cambio di scenario sembra congelato, almeno sulla base degli elementi disponibili. Certo, sono in corso complesse analisi e nessuno sa con precisione quali carte abbia fra le mani la procura di Pavia, ma intanto chi immaginava clamorosi colpi di scena resta deluso. Pur con esami e valutazioni ancora in itinere.
La sostanza è che, almeno dalle prime indiscrezioni, i trenta fogli di acetato contenenti una cinquantina di impronte non parlano. Non sarebbe stato trovato materiale sufficiente per estrarre profili di Dna e tentare quindi comparazioni.
Quei paragoni ora si arenano, o meglio rischiano di finire in archivio con i dubbi che li accompagnano. E anche l’impronta 10, quella sulla porta di ingresso, considerata la «mano sporca» del killer, non offre elementi utili per la comparazione.
Ci speravano gli innocentisti, convinti che gli elementi più o meno nuovi e le suggestioni diffuse nasceste settimane da un plotone di presunti esperti avrebbero disegnato un’altra trama, completamente diversa da quella consolidata nelle sentenze. Ma a quanto pare non è così. Il materiale esaminato, almeno per ora, non parla o conferma vecchie certezze. Si è parlato per settimane del Fruttolo, consumato forse a colazione da un manipolo di gelidi assassini che prima avrebbero fatto colazione e poi si sarebbero accaniti su Chiara.
Ora però emerge, quello si, il Dna di Stasi sulla cannuccia dell’Estathé. C’era lui a fare colazione o improvvisamente bisogna immaginare un copione ancora diverso? Insomma, l’incidente probatorio ha tempi ancora lunghi, ma i primi elementi raccolti sembrano confermare vecchie verità più che ridisegnare nuove prospettive. Tutto questo mentre Stasi vince un round e consolida il percorso che lo sta portando gradualmente verso l’alleggerimento della prigionia e la fine della pena. Stasi resta semilibero e la Cassazione respinge la richiesta della Procura generale di Milano, o meglio la dichiara «inammissibile». Oggetto del contendere un’intervista concessa il 30 marzo scorso al programma Le iene nel corso di un permesso premio.
Stasi aveva violato le prescrizioni? Per la Procura generale i permessi non possono essere utilizzati per parlare con i giornalisti, ma la Cassazione ha chiuso il caso, anche se ancora non si conoscono le motivazioni del provvedimento.
Questioni formali sullo sfondo del duello fra vecchia e nuova inchiesta. Oggi però le difese segnano un punto a loro favore. E l’avvocato Angela Taccia, legale di Andrea Sempio, lo sottolinea: «Prima l’analisi genetica dei reperti trovati nella spazzatura e ora le analisi sugli acetati confermano ancora una volta che il mio assistito non si trovava sulla scena del crimine, come da anni lui stesso afferma.
Gli accertamenti scientifici sin qui svolti confermano dunque la totale estraneità di Sempio a questa terribile storia».Gli accertamenti naturalmente vanno avanti e la partita non è affatto chiusa, ma questo round va alla difesa di Sempio e degli altri soggetti, finiti sotto la luce abbagliante dei media.