Cultura e Spettacoli

E «Via col vento» rivive ma dalla parte di Rhett

Un bel crepuscolo illumina ancora la narrativa romantica, decretata obsoleta dalla critica postfemminista. Se è vero che la cosiddetta Chick-lit perde lettori in tutto il mondo, la saga di Via col vento testimonia tutto il contrario. A settant’anni dalla pubblicazione il romanzo di Margaret Mitchell è ancora un bestseller con 28 milioni di copie vendute, alle quali si aggiungono 6 milioni di copie di Scarlett, la continuazione del romanzo scritta da Alexandra Ripley e uscita nel 1991.
E oggi il lancio negli Stati Uniti del secondo seguito, Rhett Butler’s People, di Donald McCaig, promette un altro successo. Questa volta il protagonista è lui, l’enigmatico e fascinoso Rhett, al centro del libro è la sua vicenda personale, la sua adolescenza nella piantagione di riso del padre, le sue scorribande nei bordelli e le pericolose spacconate, i meccanismi della sua mente, tutto quanto insomma secondo l’autore era stato omesso nelle mille pagine dell’originaria storia di Scarlett e di Tara.
Quando uscì nel 1936, Via col Vento vinse il Pulitzer Prize e fu subito tradotto in tutte le lingue, tre anni dopo l’intramontabile film con Clark Gable e Vivien Leigh catturò l’immaginazione di milioni di persone. L’autrice, una giornalista del profondo Sud degli Stati Uniti, fu sorpresa e sopraffatta da tanta fama al punto che non fu più tentata di scrivere un altro libro, forse inconsciamente convinta che la storia d’amore di Scarlett O’Hara e Rhett Butler sarebbe rimasta a lungo impressa nell’immaginario mondiale.
Ma Margaret Mitchell non avrebbe visto le conseguenze dello strabiliante successo del suo libro, né la sua casa ad Atlanta in Georgia trasformata in un museo. Moriva, non ancora cinquantenne, 13 anni dopo, nel 1949, investita da un taxi. Dalle sue lettere è evidente quanto disprezzasse e temesse la mercificazione del suo romanzo e nelle sue ultime volontà intimava di distruggere ogni cosa che la riguardasse, compresa ogni pagina sparsa del suo manoscritto. La sua morte creava il problema del controllo di un’industria che rischiava di scadere nel banale e nel cattivo gusto - una vera esplosione, oggi Via col vento è ancora in pista e in pole position in tutti i sensi, il film più volte restaurato è sempre in distribuzione, il Dvd è fra i più richiesti, mentre a Londra uno dei maggiori registi classici inglesi, Trevor Nunn, ne sta mettendo in scena il musical. Per arginare interferenze indesiderate di editori e pennivendoli e bloccare qualsiasi progetto indipendente, gli eredi hanno fondato un trust con un comitato implacabile di avvocati che vieta ogni iniziativa senza l’autorizzazione ufficiale.
Si è scatenata così una vera e propria saga editoriale incentrata sulla guerra dei contratti, talmente vincolanti da essere accusati di attentare al First Amendement della costituzione americana che garantisce la libertà di espressione. Il trust, che opera da una posizione di massimo potere finanziario, impone che gli autori deputati a scrivere un eventuale seguito del romanzo «senza danneggiare l’originale», sottopongano all’approvazione del comitato il progetto nei dettagli, proponendo il titolo e delineando la trama, disegnando i personaggi e chiarendo anche il tipo di vocabolario. Vietato parlare di incesti e di rapporti sessuali fra razze diverse, vietati i riferimenti omosessuali, proibito il termine nigger (negro, usato prima dell’emancipazione).
Restano ferme tuttavia le difficoltà di riprodurre le tensioni di una vicenda così intrecciata alla guerra civile, che colpiva la sensibilità femminile e l’immaginazione di lettori per i quali le ferite di quella guerra erano ancora vive. Il tentativo, approvato dagli eredi, di Alexandra Ripley con Scarlett, ambientato questa volta in Irlanda e che riportava insieme i due protagonisti, fu un successo relativo, condannato dalla critica. Ci voleva un seguito all’altezza dell’originale, furono così contattati scrittori anche in Inghilterra, fra cui l’eminente biografa e storica Antonia Fraser, che rifiutò suggerendo invece Emma Tennant, già autrice di Pemberly, una continuazione di Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Con un acconto di 100mila dollari e un contratto che la dichiarava alle totali dipendenze del trust, la Tennant si mise all’opera presentando nel 1995 un manoscritto di 575 pagine intitolato Tara, che fu però bocciato. Ed ecco che si arriva a Donald McCaig e al suo tutt’altro che convenzionale seguito Rhett Butler’s People (500 pagine) uscito in questi giorni per i tipi della St. Martin Press. McCaig è uno scrittore che alleva pecore in Virginia, grande conoscitore del profondo Sud degli Stati Uniti, un celebre autore di romanzi storici e un esperto della guerra di secessione. Ma anche il suo progetto stava per naufragare nelle polemiche a causa delle rigide condizioni del contratto, abilmente aggirate dall’autore in nome dell’autenticità. Il suo romanzo riempie molti vuoti, riabilita il reprobo Rhett non contraddicendo, come spiega, bensì sottolineando sfumature implicite nel romanzo della Mitchell e ignorate da Hollywood.

È un prodotto dell’immaginazione che sancisce una grande storia d’amore, ma anche una descrizione della guerra civile americana più attenta, meno romantica, il Sud è una rovina e la ricostruzione una chimera.

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