«Sei solo una piccola mocciosa che cerca di farsi bella con gli insegnanti, ma non pensare di essere chissà chi. Ci vuoi far fare la figura degli ignoranti e degli asini, ma non finisce qui». Chissà se gli autori della lettera minatoria si sono resi conto della rima. Che non toglie nulla alla drammatica minaccia recapitata pochi giorni fa direttamente a casa di Roberta (il nome è di fantasia). I genitori hanno sporto denuncia ai carabinieri. Contro ignoti. Ignoti compagni di classe o di scuola di una studentessa modello di quindici anni. Un primo avvertimento. Verso chi ha sgarrato. Verso chi non ha rispettato le regole violando un codice di comportamento non scritto. «Ma che tutti, bene o male rispettano», spiega Nicolò Scialfa, preside dell'istituto superiore Vittorio Emanuele II e vice presidente del consiglio comunale di Genova aderente al gruppo di Rifondazione comunista.
Regole rigorose tagliate addosso ai primi della classe. «Ma anche ai secondi, ai terzi, ai quarti», aggiunge Scialfa. Tutti vittime di quella che il preside chiama «una continua tortura psicologica esercitata dagli studenti più ignoranti ai danni di quelli che hanno capito il ruolo della scuola e hanno deciso di impegnarsi condividendo il progetto educativo dell'insegnante». Prima regola, infatti, è non manifestare mai solidarietà coi professori che devono sempre essere trattati come nemici, spiega il preside. A cui si aggiungono semplici norme di comportamento: non alzare la mano per far vedere che conosci la risposta, non mostrare interesse e non fare richieste che inducano l'insegnante ad approfondire ulteriormente l'argomento. Nulla da dire sul passare i compiti ai compagni: «Viene fatto spontaneamente dai migliori. Un po' per generosità - rassicura Scialfa - e un po' perché loro sanno bene che gli asini non sono neanche in grado di copiare e trovandosi tra le mani un elaborato da dieci, al massimo prenderanno un cinque».
Le conseguenze di tutto questo sono drammatiche, almeno nel periodo scolastico. «La concretizzazione massificata della bontà della tesi dell'Albatros di Charles Baudelaire», la definisce Scialfa che spiega: «Purtroppo questi ragazzi che sono destinati a volare alto nella vita per l'impegno che mettono nello studio, in classe vengono derisi come la goffa creatura alata di Baudelaire».
Sono passati i tempi in cui la scuola rappresentava un punto d'orgoglio e distinzione per i ricchi, e al contempo una vera, concreta opportunità di riscatto sociale per le famiglie operaie? A livello generale sì, spiega Scialfa che si rifà a Benedetto Croce, Dante Alighieri, Antonio Gramsci, Friedrich Nietzsche: «Quando i genitori non capiscono che sono questi i migliori amici dell'uomo e propongono modelli comportamentali basati su carriera e denaro come scopo e fine ultimo, la scuola risulta sconfitta». Contrario al politically correct e profondo seguace del politicamente scorretto, Scialfa non esita a lanciare anatemi a destra e a sinistra. Dalle famose tre «i» di Berlusconi («solenni cretinate»), alla politica sciagurata dell'allora ministro (comunista) della pubblica istruzione Luigi Berlinguer che «tra gli anni settanta e gli anni ottanta, in accordo coi sindacati, ha messo in ruolo ope legis, e in spregio dell'articolo 97 della costituzione, 550mila insegnanti senza concorso». Promoveatur ut amoveatur: è la soluzione proposta dal consigliere. Ovvero promuovere a nuovo incarico meglio retribuito gli insegnanti peggiori e rimuoverli dalla scuola.
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