E i giornali inventano la rivolta degli alluvionati

Breve rassegna stampa delle prime pagine di ieri sul tour berlusconiano nel Veneto sott’acqua. Corriere della Sera: «Promesse e contestazioni». Repubblica: «Berlusconi contestato in Veneto e a L’Aquila». La Stampa e il Messaggero: «Il giorno nero del premier». Si accodano i giornali della sinistra sforzandosi di giocare con le parole: per il Manifesto «Tracima la protesta» mentre per Liberazione «Fischia il Veneto».
A scorrere i titoli dei quotidiani, cosa che si limitano a fare molti (...)
(...) lettori e tutti coloro che guardano distrattamente le rassegne televisive mattutine, il messaggio è chiaro: gli alluvionati veneti si sono scagliati contro il presidente del Consiglio. Il popolo delle partite Iva, ora trasformato nel popolo degli inondati, ha seppellito di proteste il tour presidenziale nei luoghi devastati. Il Nordest un tempo berlusconiano e ora leghista ha voltato le spalle al Cavaliere. Il quale, per giunta, nel sopralluogo non ha portato con sé decreti firmati con gli stanziamenti di fondi, ma soltanto promesse. Da marinaio, ovviamente. È questa l’informazione fornita dalla «grande» stampa che ieri Berlusconi ha negato.
Nel testo degli articoli, i lettori meno frettolosi hanno conferma di quanto stampato a caratteri cubitali nelle copertine. «Un’escalation di contestazioni - scrive il quotidiano di Ferruccio de Bortoli -, Vicenza, Padova e nel pomeriggio anche Coppito in Abruzzo, che raccontano il momento difficile che sta attraversando il presidente del Consiglio». Il Corriere riferisce anche di «applausi, strette di mano e l’esortazione a “resistere”»: molto più numerosi dei fischi, ma di tutto ciò nei titoli non c’è traccia. Il giornale della Fiat, in un paginone, parla di «Veneto amaro per il Cavaliere» e specifica che in una Padova «assediata di manifestanti» il corteo di auto con il premier, Bossi, Zaia e Bertolaso «è stato costretto a uscire dalla porta laterale della prefettura per evitare la pioggia di insulti» aggiuntasi al meno metaforico diluvio d’acqua. Mettiamoci i fischi dell’Aquila e il presunto gelo tra Bossi e Berlusconi (c’è anche questo: siccome i due viaggiavano su auto diverse e quando sono scesi non hanno camminato sottobraccio si è dedotto un distacco tra i due), sommiamo i tre scivoloni parlamentari ed ecco «il giorno nero del premier».
Ma chi erano questi contestatori? Quante legioni? Qui casca l’asino. A Vicenza, scrivono gli stessi giornali che ne hanno enfatizzato le gesta, erano presenti «alcune decine di militanti antagonisti di No Dal Molin»: cioè gli ultimi resti dei comitati antiamericani berici. A Padova «un centinaio di manifestanti, studenti e precari» schierati dai centri sociali di cui il Veneto è terreno fertile. Totale: duecento persone a farla grossa. Duecento persone chiassose e ben organizzate che però diventano tutto il Veneto. Gli slogan anti premier (tanti, coloriti e alcuni pesantemente offensivi) scanditi dai soliti professionisti della contestazione e della mistificazione assurgono a sintesi unitaria dei sentimenti popolari. Tocca anche leggere che questi slogan «solo un anno fa in Veneto non ci sarebbero mai stati»: forse i centri sociali sono sbocciati dal nulla negli ultimi mesi.
Riepiloghiamo i fatti di martedì, per quello che da cronisti abbiamo visto. A Monteforte d’Alpone alcune persone hanno urlato «soldi-soldi». A Vicenza un gruppetto di contestatori storici del governo Berlusconi ha inscenato una protesta prevedibilissima. A Padova i soliti scalmanati dei centri sociali guidati da Luca Casarini e dai suoi emuli hanno bloccato il traffico in piazza Antenore scandendo insulti, agitando cartelli e lanciando un petardo a pochi metri dalla prefettura. Una tensione creata ad arte che ha costretto gli uomini di governo a limitare gli spostamenti.
Manifestazioni vergognose quanto circoscritte a piccoli nuclei di agitatori professionisti, delle quali il governatore Zaia si è comunque scusato ieri in pubblico come «padrone di casa». Proteste che hanno mostrato mancanza di rispetto verso le istituzioni (ma non è una novità per questi tecnici delle piazzate) ma soprattutto suprema indifferenza verso le condizioni di chi è stato colpito dalla violenza del maltempo. La grave situazione degli alluvionati veneti è stata usata come pretesto per inscenare una contestazione al premier, ma per queste frange di disobbedienti ogni occasione è buona, a prescindere.
I «veri» disobbedienti, coloro che minacciavano di non pagare le tasse se lo Stato non si fosse deciso a intervenire con gli aiuti, erano lontani dai nugoli degli antagonisti. I contadini sommersi dall’acqua, il popolo delle partite Iva, i lavoratori veneti erano impegnati a riportare alla normalità le loro cose.

Quella che protestava era gente che vive nelle case dello studente oppure occupa alloggi abusivi, e l’inondazione l’ha vista soltanto alla tv. Ma questa sparuta minoranza è stata rappresentata come la punta del malcontento veneto, la più autentica espressione dell’insofferenza degli alluvionati. E poi siamo noi del Giornale la «macchina del fango».

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