E Josè l’indovino adesso sogna solo di lasciare l’Italia

RECIPROCO «A me non piace il calcio italiano e al calcio italiano non piaccio io»

MilanoPoiché José ha saputo prevedere anche la sfiga, in tanti cominciano a tremare: ma questo chi è veramente?
Adesso ci aspettiamo che la prossima volta ci dia risultato e marcatori. Gli lasciamo comunque un margine di miglioramento perché il minuto dei gol non glielo chiediamo. Tempo al tempo, questa Champions è un viaggio ancora molto lungo. E José lo sa.
In conferenza ad Appiano aveva anticipato poche cose: «Vedo una partita bruttina, poche occasioni, molta attenzione, loro in contropiede rapido con ritorno immediato ognuno al suo posto. Alla fine nessuna delle due squadre uscirà dallo stadio con un piede in semifinale».
Non è una preveggenza da specialista? Vabbè non sarà niente di speciale, però l'ha azzeccata, ha raccontato quello che si è visto il giorno dopo. Bruttina neanche così tanto, e non certo per demeriti dell'Inter che ha fatto quanto ci si aspettava. Rischi zero. Tre punte vere più Sneijder, ma l’imperativo era rischi zero perché loro fuori casa hanno sempre fatto festa e poi là sul quel maledetto sintetico lui non si fida. A José andava bene tutto tranne prendere un gol a San Siro. È uscito dalla buca dopo un quarto d'ora scarso quando a un metro dalla sua panchina Materazzi ha lasciato partire un lancio talmente malinconico che mezza San Siro si è messa a piangere. È uscito punto e basta perché sa che adesso, in occasione del suo sciopero della voce e delle manette, le telecamere gli inquadrano la faccia e analizzano la mimica, tanto che spesso la trovano sarcastica. Per il resto non si è visto e la cosa non è un segnale buono, José s’è rotto, a sentire lui del calcio italiano, un feeling durato una stagione scarsa, poi fine. «A me non piace questo calcio, e a questo calcio non piaccio io», si riferiva a cose nostre, detto al termine della conferenza di martedì ad Appiano con espressione convinta, brutto segnale. Se fossimo il presidente avremmo più premure di sistemare questa faccenda piuttosto che altre. Che poi le altre sono a un punto talmente mortificante che lo stesso Massimo Moratti all’ennesima richiesta di un commento sul Balotelli televisivo ha risposto: «Non me ne frega niente». C'è l'Inter in Champions, che cavolo volete da me?
Perfino Raiola questa volta si è messo per traverso, deve aver capito che l'aria che tira non è affatto buona («Non penso ci sarà neanche sabato», dice Mou), ha parlato di dichiarazioni inopportune del suo cliente, di querele a Striscia e ha auspicato un incontro a fine stagione per chiarire questa faccenda che sta stressando tutti, perfino lui che appariva paonazzo e sudaticcio. A fine stagione. Dichiarazioni fatte prima di Inter-Cska, con tutti i rischi del caso perché un andamento diverso, e soprattutto un risultato diverso, avrebbero autorizzato Raiola a fare ben altri proclami. Invece la mancanza di Mario non si è sentita, proprio come aveva anticipato ieri Samuel Eto'o, secondo veggente del gruppo. Il Cska che aveva fatto una tripletta a Old Trafford, macerie e casini in ogni parte d'Europa in cui è capitato, a San Siro non ha mai trovato la porta, ha sbattuto contro un muro di gomma che rimbalzava tutto e poteva anche prenderne tre, o quattro, e non avrebbe potuto neppure aprire bocca perché questa è stata la realtà.

Se la partita non è stata un capolavoro il merito è del Cska, proprio come aveva detto José quando gli hanno chiesto un pronostico, nessuna delle due uscirà da San Siro con un piede in semifinale. Aveva previsto anche la sfiga che avrebbe colpito la squadra, oppure ha sentito il rumore dei nemici, un vento che soffia forte e non accetta mai di riconoscere la capacità altrui.

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