Alessandro M. Caprettini
nostro inviato a Bruxelles
Quasi a darsi coraggio, nei capitoli più generici della bozza finale già messa a punto, i 25 capi di Stato e di governo riuniti da ieri nella capitale belga, hanno voluto inserire una nota trionfale per «la ripresa del dibattito sul futuro dellEuropa, dopo la pausa di riflessione, nel primo semestre del 2006», sotto presidenza austriaca. Ma quel che risuonava ieri tra le mura del grigio palazzone Justus Lipsius, casa del Consiglio europeo, aveva piuttosto tutta laria di un requiem.
Perché alla fine laccordo sul bilancio pluriennale 2007-2013 si potrebbe anche individuare. Ma sarebbe al ribasso. Mai così pochi soldi a fronte di un così grande incremento territoriale e umano (per i nuovi 10 è la prima volta per esborsi e incassi). Mai un momento così difficile nella Comunità, tantè che impegnati ieri sera in una serie di ammennicoli anche di un certo spessore, i 25 hanno dovuto rinunciare a prendere qualsiasi decisione in attesa dello scioglimento del nodo gordiano del budget. I quattrini necessari al pattugliamento del Mediterraneo con satelliti e guardia costiera europea per bloccare il traffico dei clandestini? «Ma come volete che approviamo una misura del genere se non sappiamo prima quanti saranno i soldi a disposizione?», hanno fatto presente svedesi, danesi e polacchi. «La Macedonia? Ma se non sappiamo ancora se potremo mai accettare Romania e Bulgaria
», ha osservato acido il presidente francese Jacques Chirac al premier britannico Tony Blair che gli chiedeva cosa pensasse della richiesta di adesione avanzata da Skoplje.
Il nodo resta quello dei soldi. Se ne rende conto la cancelliera tedesca Angela Merkel che, pur sostenendo la necessità di rivedere lo sconto inglese, non nasconde di mirare a un accordo che comunque le permetterebbe di tornare a occuparsi dei problemi nazionali. «La Germania - ha detto sbarcando a Bruxelles per il suo primo summit - ha bisogno di certezze». Il lussemburghese Juncker, che pure litigò con Blair a giugno, tende pure lui la mano agli inglesi perché annusa i rischi di una nuova, più pesante crisi: «Spero che i leader trovino un compromesso
».
Ma le illusioni durano lo spazio di un ingresso. Quello di Chirac che, appartatosi con Blair, non gli concede più sconti: «Bisogna rivedere il rebate: il suo meccanismo e il suo ammontare», gli riferisce aspro. Il premier britannico, imperturbabile nonostante la valanga di accuse piovutegli addosso in questi giorni - comprese quelle ribaditegli in mattinata, a pranzo, dai capigruppo dellEuroparlamento - non fa una piega. Ribatte che se cè qualcosa da rivedere sono i frutti avvelenati della politica agricola che rende enormemente alla Francia, paralizzando la destinazione di fondi alla ricerca in tutta Europa.
Per ora è un dialogo tra sordi. «Fin qui ho visto qualche operazione cosmetica e alcuni regalucci. Non è normale
», il commento asprigno del belga Verhofstadt. Il presidente della Commissione José Manuel Durao Barroso è agitatissimo: «Cè uno squilibrio profondo tra il basso livello del bilancio e gli alti compiti cui vorrebbero chiamarci». La commissaria polacca Danuta Huebner sostiene addirittura che lultima profferta inglese è sbagliata nei conteggi. Che penalizzerebbe ulteriormente i nuovi 10 già vessati dalla prospettiva di tagli pesanti.
Blair non batte ciglio: «Che si fosse davanti a una trattativa dura e a un esito in bilico non cera dubbio», ammette glaciale. Spera sempre che alla fine, in nome del mantenimento di quel che cè, passi la sua linea stringicinghia. Ma il coro dei no non si smantella facilmente. Comincia la notte e, con essa, trattative bilaterali riservate.
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