È come un fuocherello acceso da una scintilla e divampato in un incendio. La scintilla è stata l’addio di Silvio Berlusconi, la foresta in fiamme è la sinistra.Un collante l’ha tenuta assieme per anni: l’antiberlusconismo. Ora che questa ragione di vita è venuta meno, cade la maschera che ha coperto le magagne dell’ex opposizione. Resta la realtà di sempre, fatta di lotte intestine.
Nel Partito democratico lo scontro è aperto. Dalla Velina rossa all’ala filo-Cgil, dall’ex ministro Damiano al responsabile economico Fassina è un susseguirsi di critiche, distinguo, prese di distanza dal pensiero unico democratico pro- Monti.Nemmeno l’ Unità sprizza entusiasmo, e il quotidiano riflette le posizioni del segretario Pier Luigi Bersani. Che ufficialmente è pancia a terra con il nuovo governo, ma in realtà freme perché la linea interna è dettata dall’ala riformista/centrista di Enrico Letta, quello che manda i pizzini al nuovo premier offrendosi come consulente per scegliere viceministri e sottosegretari.
Ma dietro a Damiano e Bersani scalpita l’intero gruppo che fa capo a Massimo D’Alema. Il motivo è chiaro: «Fare riforme con il Pdl non può diventare la nostra identità », scriveva Fassina sull’ Unità di ieri. L’organo del Pd ha dato ampio spazio alla crisi interna, a partire dalla prima pagina che ha ospitato due articoli molto critici con il nuovo corso politico: il vicedirettore Rinaldo Gianola se l’è presa con i «conflitti da regolare» all’interno del governo mentre l’economista Ronny Mazzocchi ha attaccato la «via danese» alla riforma del welfare, cioè la linea del senatore Pd Pietro Ichino e del nuovo governo sui tagli alle pensioni.
Contro l’ Unità si sono mosse le truppe di Europa , ex giornale della Margherita e ora portavoce dei «liberal» democratici. Il direttore Stefano Menichini ha sgridato i compagni: «Pd, devi crederci tu per primo». E il Riformista , diretto da quel vecchio amico di Giorgio Napolitano che è Emanuele Macaluso, fa da scudiero a Monti, «un “osso duro” che sa parlare agli italiani».
Insomma, i dissensi stanno uscendo dai corridoi. Messo da parte Berlusconi, a sinistra liberi tutti. Come dimostra la polemica tra Michele Santoro e Corrado Formigli, fino a sei mesi fa alleati e allineati a seminare mine televisive nel centrodestra dalla corazzata pubblica Raidue, oggi separati e nemici su emittenti in concorrenza. L’allievo ha attaccato il maestro: Santoro ha denunciato attentati ai ripetitori che trasmettono il suo Servizio pubblico , l’inviatodi Formigli ha scoperto che per i carabinieri non esiste nessun boicottaggio e accusato i «competitor» di cercare facile pubblicità, Santoro ha minacciato querele.
Non è finita. Sul Fatto il vicedirettore Marco Travaglio ha difeso Santoro, con il quale lavora da anni,ed è andato all’assalto di Piazza pulita , il programma di Formigli su La7. Ma la tv del gruppo Telecom è guidata dall’ex direttore di Rai3,Paolo Ruffini, uomo di sinistra, e uno dei suoi volti di punta è Luca Telese, inviato del Fatto stesso.
È dunque il momento del rompete le righe, di infrangere i tabù e abbattere i totem rossi. «Siamo tutti più liberi», scriveva l’altro giorno Riccardo Chiaberge sempre sul Fatto . Liberi di attaccare la sinistra da sinistra «senza che qualcuno ci possa tacciare di berlusconismo».
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